Ecco perché la cosmetica andrebbe inserita nel gruppo delle Industrie Culturali e Creative

L’industria cosmetica è per natura legata all’estetica, dunque all’arte, al cinema e al teatro; ragion per cui, includerla nell’ambito delle Industrie Culturali e Creative potrebbe essere una manovra strategica e vantaggiosa per il Paese

Non sempre è facile distinguere i confini del comparto delle Industrie Culturali e Creative. Nel tempo, il paniere dei settori inclusi all’interno del cosiddetto cluster delle ICC si è progressivamente esteso, sia per ragioni obiettive: è realmente complicato stabilire con certezza in quali settori la cultura non rappresenti una sorta di “fattore produttivo”; sia per ragioni di opportunità: estendere il numero di settori significa anche incrementare il fatturato annuo attribuibile al cluster.

I punti fermi per individuare le Industrie Culturali e Creative

Al di là delle incertezze, però, ci sono alcuni punti fermi: sono industrie culturali e creative quelle che producono contenuti, audiovisivo ed editoria; così come quelle in ambiti di rilevanza strategica per il Paese, come la moda in cui la componente creativa è evidente nelle sue più alte espressioni. Al pari di altre manifestazioni creative, anche la moda ricerca degli elementi culturali di rilievo: a partire dalla bellezza, fino ad aspetti di stampo sociale o di natura più astratta, come dimostrano gli stretti legami che la moda intreccia con l’arte e l’arte contemporanea. Accanto a queste connessioni consolidate, tuttavia, esistono settori che solitamente vengono esclusi da ciò che, a livello economico e culturale, siamo soliti ascrivere al concetto di creatività.

La cosmetica nell’ambito delle Industrie Culturali e Creative

Tra questi, risalta soprattutto il settore della cosmetica, a dispetto della sua grande influenza all’interno di numerose ICC. Cosa sarebbero cinema, moda e spettacolo senza make-up? 
Estetica e cosmetica sono interconnesse da sempre. Si pensi, ad esempio, alla storia dell’arte. Incarnando, nel corso dei secoli, quello che era considerato l’ideale di bellezza, l’evoluzione della cosmetica è di fatto rintracciabile nei ritratti, che da Madame di Pompadour di Boucher a Tamara di Lempicka, hanno segnato i cambiamenti nell’universo femminile. In relazione all’arte contemporanea, poi, la cosmesi ha iniziato ad assumere ruoli e funzioni simboliche, come le Marylin Monroe di Warhol, i clown di Cindy Sherman o i Cremaster di Matthew Barney. E l’elenco qui potrebbe essere infinito.

Untitled #414, 2003, Chromogenic color print © Cindy Sherman, Courtesy the artist and Hauser & Wirth
Untitled #414, 2003, Chromogenic color print © Cindy Sherman, Courtesy the artist and Hauser & Wirth

La connessione tra cosmetica, estetica, arte e creatività: un vantaggio per le ICC

Attesa dunque la connessione contenutistica e il progressivo legame di ricerca (non credo sia necessario ribadire la connessione tra due settori che fanno della ricerca sul colore uno dei principali elementi distintivi?), val la pena estendere la riflessione alle dimensioni economiche. Anche in questo caso, le Industrie Culturali e Creative potrebbero risultare davvero potenziate dall’inclusione di tale settore, che in Italia nel 2024 ha raggiunto un fatturato di 16,5 miliardi di euro, più della metà dei quali derivanti dall’export. Un settore che si estende per tipologia di prodotti e servizi e che, grazie all’elaborazione di una visione strategica e coerente con il proprio sviluppo, al pari di altri settori industriali, potrebbe sostenere le restanti ICC.

Il settore della cosmesi una possibile risorsa per Industrie Culturali e Creative

In questi giorni Benedetto Lavino, presidente di Cosmetica Italia, ha sottolineato l’importanza di siglare un patto strategico che agevoli lo sviluppo del settore. Chiaramente, alla base di una richiesta “strategica” abita sempre una ragione tutt’altro che aleatoria: ma a differenza di altri comparti culturali (che chiedevano il famoso 3% del PIL), qui le richieste sono puntuali, concrete, industriali: semplificazione della normativa e misure contro il costo dell’energia elettrica. Azioni che potrebbero essere facilmente strutturate, soprattutto a fronte di una concreta connessione con le altre ICC del Paese.
Accanto a tali condizioni di tipo puntuale, però, la connessione con la cosmetica (o almeno parte delle attività afferenti al settore) potrebbe davvero incrementare, e di molto, il fatturato totale delle e ICC, sia in Italia sia, soprattutto, a livello internazionale. Grazie al comparto della cosmesi, le ICC potrebbero sviluppare la crescita dell’export che, ad eccezione di alcuni casi esemplari, rappresenta ancora una componente marginale, ed estendere in questo modo anche il fatturato globale del cluster. Inoltre, favorire la connessione tra le filiere di creazione del valore della cosmesi (a cominciare dalla ricerca scientifica, fino alla promozione e alla comunicazione), con le industrie ICC potrebbe promuovere la nascita di cooperazioni strutturate; nonché la creazione di linee di sviluppo congiunte che potrebbero attingere a capitali spesso non reperibili nello stretto comparto della cultura, generando ritorni economici e sociali. Condizione positiva anche in termini occupazionali e formativi, dato che, grazie alla propensione all’export, permetterebbe di valorizzare maggiormente professionalità e competenze ampiamente diffusi sul nostro territorio.

Stefano Monti

Libri consigliati:

(Grazie all’affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti) 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Stefano Monti

Stefano Monti

Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

Scopri di più