Tributo a Demetrio Stratos con voce, elettronica e arte. Intervista al vocalist Alan Bedin che mostra tutto in Veneto
L’artista e performer vicentino presenta la sua nuova opera sonora, in mostra a Caorle in provincia di Venezia, e racconta la voce di “Pugni Chiusi” che l’ha ispirata, con la partecipazione del chitarrista degli Area, Paolo Tofani. Lo abbiamo intervistato

Musica Spontanea (2025) è il titolo dell’opera sonora realizzata da Alan Bedin (Vicenza, 1975), performer con anni di esperienza nella musica dal vivo, consulente artistico e insegnante di canto, in omaggio all’eredità di Demetrio Stratos (Alessandria d’Egitto, 1945 – New York, 1979), il cantante che alla guida dei Ribelli e degli Area ha scritto pagine indelebili della musica italiana. L’opera, che fonde la voce e la sua elaborazione elettronica, sarà presentata il 28 giugno a Caorle, nella città metropolitana di Venezia, nel contesto della mostra Surrealismo e Fantastico.

Alan Bedin e Demetrio Stratos
Alan Bedin, che ha lavorato a lungo con la storica Cramps Records, etichetta discografica all’origine di tutti i dischi degli Area, si propone di rimettere la voce al centro della produzione artistica come strumento principale.

I protagonisti di “Musica Spontanea”
Il nucleo fondamentale di Musica Spontanea si trova in un rapporto che va ben oltre la semplice relazione professionale: Alan Bedin e Paolo Tofani (Firenze, 1944) – che insieme a Demetrio Stratos ha militato negli Area e tuttora suona per la formazione ricomposta nel 2009 – si conoscono da tempo e condividono una stessa visione di ciò che la musica dovrebbe essere. Alla base di tutto, la necessità di superare i confini del mainstream e sperimentare; necessità che li ha portati, tra le altre cose, all’ideazione di nuovi strumenti musicali e di nuove tecniche performative e di registrazione. Musica Spontanea nasce, quindi, da un desiderio profondo di collaborazione, a cui si sono uniti anche il vibrafonista internazionale Saverio Tasca e il producer Edoardo Piccolo. La presentazione nel contesto della mostra Surrealismo e Fantastico si deve, invece, al curatore Matteo Vanzan.

Intervista ad Alan Bedin
Che cos’è Musica Spontanea?
Prima di tutto è un’ipotesi, un tentativo non soltanto di introdurre una nuova tecnica ma, anche e soprattutto, di coinvolgere l’ascoltatore in maniera attiva. Nella pratica si tratta di uno scambio fortunato di suoni tra istinto e tecnologia, quest’ultima utilizzata allo scopo di enfatizzare la ricerca di un linguaggio diverso.
Perché un omaggio a Demetrio Stratos?
Il lavoro è nato inizialmente su richiesta di un’etichetta discografica giapponese, ma io avevo già avuto modo di confrontarmi con la figura di Demetrio. L’ho “conosciuto” perché mi era stato affidato il compito di fare il coordinatore artistico del suo ultimo live Demetrio Stratos Concerto al Teatro S. Leonardo (1979), una guida all’ascolto che mettesse ordine tra le registrazioni originali dell’evento. Era uno spettacolo della voce, da solo sul palco, col suo microfono, lui faceva tutto. Mi dispiaceva che gli artisti moderni non lo prendessero più come riferimento, quindi ho pensato fosse giusto omaggiarlo.
In cosa la tua opera si avvicina maggiormente a lui?
La filosofia comune è quella di ritornare a una voce che emozioni senza dover necessariamente dipendere da un linguaggio codificato. Credo anche che lui avrebbe condiviso il mio intento di dare un ruolo importante all’ascoltatore, che appunto non deve più essere passivo: nel mio caso, l’esibizione dal vivo si concluderà con l’invito al pubblico a partecipare.
Va comunque detto che l’opera a un certo punto ha preso una direzione tutta sua, quindi non c’è la pretesa di essere vicini a ogni aspetto della produzione artistica di Demetrio.
Un consiglio per chi volesse avvicinarsi alla figura di Demetrio Stratos?
Io consiglio con il cuore il Concerto al Teatro S. Leonardo di cui parlavo prima, che spacca. In questo live è preparatissimo e si sente un Demetrio super esperto, con un controllo della voce assoluto e meticoloso che prima non aveva. In quel periodo, nonostante si occupasse anche di altro, aveva in testa proprio lo sviluppo della sua vocalità.
Per gli artisti moderni, credo che di lui si debba prendere l’aspetto più spirituale. Il suo timbro e le sue particolarità vanno pensati come un font da utilizzare per scrivere qualcosa di nuovo e andare più in là. Lui oggi non avrebbe ancora finito.
Arturo Bolognini Comand
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