Geometria, astrattismo e distorsioni spaziali. La mostra di Esther Stocker a Lucca
Paradossi formali ed effetti ottici trasformano gli spazi della Tenuta dello Scompiglio, interrogando l'errore non come elemento negativo, ma come fonte di informazione, conoscenza e apprendimento

L’allontanamento dai principi logici, dalle cognizioni o dalle regole comunemente accettate: così potremmo definire il termine “errore” che, sebbene venga spesso considerato uno stigma sociale invalidante, è in realtà fonte di informazione, conoscenza e apprendimento. Ad approfondirne l’ambivalenza è Esther Stocker (Silandro, 1974) con Analisi dell’errore, la mostra ospitata negli spazi della Tenuta dello Scompiglio, a Lucca, e a cura di Angel Moya Garcia. Visibile sino al 28 settembre, il progetto espositivo evidenzia la fascinazione dell’artista verso i paradossi formali e gli spostamenti nell’equilibrio ottico, indagando l’utopia e il fallimento, la realtà e la sua percezione attraverso opere site specific.







La mostra di Esther Stocker alla Tenuta dello Scompiglio a Lucca
La mostra Analisi dell’errore si articola attraverso un’installazione ambientale nello spazio principale della Tenuta dello Scompiglio, e una serie di dipinti in quello adiacente. Quì, una serie di elementi di disturbo e interferenze (che sfidano e interrogano i limiti dell’ordine e della regolarità percettiva) introducono la grande installazione che prende forma in un reticolato di nastro adesivo nero su fondo bianco che trasforma completamente l’ambiente con elementi geometrici apparentemente regolari, intercettando lo sguardo del pubblico.

Esther Stocker: tra geometria, astrattismo e distorsioni spaziali
Con questo progetto espositivo, l’astrattismo e la geometria che caratterizzano il lavoro di Esther Stocker vengono proiettati attraverso due binari paralleli che si uniscono. Lo vediamo nella grande installazione (da considerare come uno spazio pittorico che si dilata e supera i limiti ambientali) e nei dipinti, da considerare come sintesi statiche e confinanti nelle tele. Il distaccamento da un ordine, le forme libere (intese come desiderio), il ruolo dell’immaginazione, la consapevolezza di voler mettere in discussione gli elementi che conosciamo e che diamo per assodati, invitano il pubblico a mettere in dubbio tutti quei principi accettati come dogmi per ricercare un nuovo paradigma, generando un nuovo ordine che si confà alla realtà in cui viviamo.

Esther Stocker e la (sua) logica del caos
“L’artista esplora il fragile confine tra struttura e caos attraverso una struttura geometrica, basata su moduli che si ripetono eternamente e che creano un ritmo visivo apparentemente ordinato, a cui aggiunge aberrazioni, errori e alterazioni per destabilizzare la percezione”, spiega il curatore Angel Moya Garcia ad Artribune. “Una coerenza e una precisione solo apparente che porta a una dialettica tra struttura e deviazione con cui Esther Stocker propone la propria logica del caos. In questo modo, l’installazione stravolge completamente lo spazio espositivo attraverso l’analisi delle proprie caratteristiche architettoniche che vengono, paradossalmente, destrutturate attraverso parentesi concettuali, incongruenze formali, distorsioni e interferenze all’interno di un sistema che sembra subire un processo di progressiva perdita di definizione”.
Valentina Muzi
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