Il perturbante e la fotografia. In mostra a Londra

Parasol Unit Foundation for Contemporary Art, Londra – fino al 19 giugno 2016. Fotografia e inconscio: è questo il binomio da cui prende le mosse la mostra londinese, che accosta i lavori di sette artisti contemporanei. Usando il turbamento come terreno d’indagine.

IL TURBAMENTO IN FOTOGRAFIA
Topos largamente frequentato dalla letteratura psicoanalitica e non solo, il perturbante ha da sempre esercitato – ancor prima, verrebbe da dire, della sua stessa concettualizzazione – un irresistibile fascino sul mondo dell’arte e i suoi frequentatori, tanto da diventare, in anni recenti, un vero e proprio leitmotiv curatoriale per gallerie e musei di mezzo mondo.
Eppure, nonostante la sua rilevanza culturale, ci pare che non sia stato così frequente a tutt’oggi il tentativo di analizzare il tema in relazione al medium fotografico. A parziale smentita di ciò giunge Magical Surfaces: The Uncanny in Contemporary Photography, collettiva ospitata da Parasol Unit a Londra, che raccoglie opere realizzate negli ultimi quarant’anni da sette artisti contemporanei accomunati da un certo gusto per il turbamento.
La mostra, che trae il titolo dalla definizione proposta dal filosofo ceco Vilém Flusser dell’immagine fotografica quale – appunto – superficie magica, concettualmente ed esteticamente si colloca all’intersezione tra Romanticismo (o Idealismo tardo romantico – fu infatti Friedrich Schelling a utilizzare per primo nel 1835 il termine “perturbante”, das Unheimliche) e psicoanalisi di marca freudiana, che teorizza il perturbante quale sentimento prossimo alla paura, originato dal confronto con ciò che risulta allo stesso tempo familiare ed estraneo.

Magical Surfaces - Sonja Braas - Parasol Unit, Londra 2016

Magical Surfaces – Sonja Braas – Parasol Unit, Londra 2016

FREUD E DINTORNI
Particolarmente conforme alla teorizzazione freudiana è l’opera di Stephen Shore e Joel Sternfeld, ritratto a colori di un’America sospesa tra realtà e fiction, normalità e spaesamento, dove il perturbante si manifesta attraverso artifici compositivi e accostamenti ambigui, o attraverso l’utilizzo sapiente della luce e del colore volti a conferire alla scena un carattere inusuale e quanto meno bizzarro. Nel lavoro di questi due veterani della fotografia emerge prepotente il carattere duplice del medium, capace, parafrasando Susan Sontag, di documentare e allo stesso tempo inevitabilmente di manipolare il proprio soggetto, facendo quindi di esso un’opera d’arte.
Di carattere profondamente diverso sono invece i lavori di Elger Esser, Sonja Brass, Julie Monaco e Jörg Sasse, innanzi ai quali solo apparentemente lo sforzo semiotico di sospensione dell’incredulità risulta per nulla gravoso. Se infatti la cifra fittizia delle opere appare immediatamente evidente, meno chiaro è il confine che in queste separa realtà e finzione: pur riconoscendo nelle fotografie la presenza di un artificio, a seconda dei casi digitale o analogico, permangono in esse elementi che potremmo dire a noi familiari. Il cortocircuito che scaturisce dalla dicotomia alla base della costruzione visuale di queste opere trasporta idealmente l’osservatore ad abitare uno spazio, per dirla con Schelling, inospitale e quindi certamente perturbante.

Magical Surfaces - Elger Esser - Parasol Unit, Londra 2016

Magical Surfaces – Elger Esser – Parasol Unit, Londra 2016

ELVIS E L’AMBIGUITÀ
Un discorso a parte meritano le due installazioni di David Claerbout, che forniscono una summa del tema di questa mostra. In entrambe le opere si mischiano e confondono tecnologia analogica e digitale, passato e presente, intento documentaristico e slancio artistico. Con Wreck (suite), 2013-16, attraverso un “artificio temporale” diveniamo spettatori di un evento drammatico, un incidente automobilistico presumibilmente, un accadimento che tuttavia rimane solo allo stato di ipotesi, non giungendo mai a palesarsi nella sua compiuta tragicità.
Con KING (after Alfred Wertheimer’s 1956 picture of a young man named Elvis Presley), 2015-2016, animazione tridimensionale di una fotografia del re del rock datata 1956, ci ritroviamo testimoni di un momento intimo nella vita del giovane Presley, ripreso in pantaloncini da bagno in compagnia di amici e familiari; la ricostruzione digitale dell’immagine originale permette di vedere ogni parte del corpo seminudo della rockstar, suscitando in noi, ça va sans dire, una certa conturbazione.
Ribadendo l’eterna fascinazione che l’ambiguo esercita su di noi, Magical Surfaces dimostra, se ce ne fosse bisogno, l’efficacia della fotografia nel dare forma concreta alla voce dell’inconscio.

Jacopo Nuvolari

Londra // fino al 19 giugno 2016
Magical Surfaces. The Uncanny in Contemporary Photography
a cura di Ziba Ardalan
PARASOL UNIT
14 Wharf Road
+44 (0)20 74907373
[email protected]
www.parasol-unit.org

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Jacopo Nuvolari

Jacopo Nuvolari

Laureato in Filosofia e in Teoria dell'Arte Contemporanea, Jacopo Nuvolari vive da alcuni anni a Londra dove lavora come arts editor, collaborando occasionalmente con gallerie pubbliche e private, e riviste d'arte.

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