L’Italia di Zaha Hadid. La mostra omaggio del Maxxi

Maxxi, Roma – fino al 14 gennaio 2018. Arriva nel suo personale tempio romano, una mostra –quasi una capsule collection – che prova a raccontare, a poco più di un anno dalla scomparsa, la vicenda progettuale e umana che ha legato Zaha Hadid al nostro Paese.

L’Italia di Zaha Hadid: è esattamente questo nome dell’esposizione in corso al Maxxi, mutuato, come affermato da Margherita Guccione che l’ha co-curata, da una precedente mostra del 2012 dedicata a Le Corbusier e al nostro Paese. Un titolo semplice e complesso, esattamente come era la progettista scomparsa prematuramente lo scorso anno. Le rende così omaggio il Maxxi, quello stesso luogo che, a detta di Patrick Schumacher – presente il giorno dell’inaugurazione – ha radicalmente cambiato l’approccio compositivo dello studio Zaha Hadid Architects, costringendolo a un ripensamento dello spazio espositivo che meglio si adattasse al contesto urbano di Roma. Un progetto che le valse il prestigiosissimo Stirling Prize, nel 2010. Profondamente affascinata dai virtuosismi del Barocco ma anche dall’uso plastico che Pierluigi Nervi faceva del cemento armato, Zaha Hadid ha da sempre avuto un rapporto culturalmente proficuo con la Penisola, scegliendo spesso partner italiani per le sue incursioni sperimentali nel mondo del design.

Tau Collection Vaso, Citco 2015, photo Jacopo Spilimbergo, Courtesy Zaha Hadid Architects

Tau Collection Vaso, Citco 2015, photo Jacopo Spilimbergo, Courtesy Zaha Hadid Architects

DA AFRAGOLA A MILANO, PASSANDO PER IL DESIGN

Ospitata nella panoramica Galleria 5, L’Italia di Zaha Hadid racconta, in pillole, i cinque progetti italiani realizzati: il Terminal Marittimo di Salerno, la stazione dell’alta velocità di Afragola, appena inaugurata, il Messner Museum a Plan de Carones, la Torre Generali per City Life a Milano e il Maxxi, cui è dedicato maggiore spazio, con schizzi, dipinti, maquette e relief. Presenti anche progetti a oggi ancora rimasti su carta, o in fase di sviluppo, come il Museo d’arte nuragica e contemporanea di Nuoro, Jesolo Magica Centro commerciale e Jesolo Magica Hotel and Business Centre. Un’ampia selezione di oggetti poi – allestiti su sinuose pedane in fiberglass nero pensate da Woody Yao, direttore di Zaha Hadid Design – illustra i sodalizi creativi e produttivi che da sempre la progettista ha intrecciato con i migliori brand del made in Italy. Lunghissima, infatti, la lista delle aziende con cui ha collaborato: B&B per i divani, Cassina per le sedute, Sawaya&Moroni per i tavoli, Slamp per le lampade, Magis per le librerie componibili e Fendi, per borse e gioielli dedicati al charity. Lei che ci ha abituato ad architetture muscolari, da percorrere, a spazi che acquistano potenza volumetrica nell’esprimere linee di forza nette, taglienti o vorticose si dimostra, anche qui, un architetto che gioca con il design, più che un designer vero e proprio. I suoi oggetti restano architetture in scala, opere scultoree, iconiche e quasi mai funzionali.

Jesolo Magica Retail Centre, 2009-2016 in costruzione, Render Courtesy Zaha Hadid Architects

Jesolo Magica Retail Centre, 2009-2016 in costruzione, Render Courtesy Zaha Hadid Architects

LA MALINCONIA DI UN’OPERA FORZATAMENTE INTERROTTA

Se ancora pare prematuro parlare di legacy, appare chiaro quanto sia importante il senso complessivo dell’operazione, anche se non interamente sfruttato. Se la retrospettiva ospitata la scorsa estate a Venezia infatti, presso Palazzo Franchetti, appariva maestosa, ricca, stratificata e ben capace di raccontare davvero la complessità del pensiero della progettista, le sue radici e la sua evoluzione nel tempo, questa romana risulta un omaggio a tratti debole, per quanto generoso, di quello che la cultura italiana ha davvero rappresentato per lei. Va detto che la natura delle due mostre è differente e risulterebbe errato definire parziale questa esperienza del Maxxi solo perché ha un taglio curatoriale meno global e più local. Resta però qualcosa di artefatto, a tratti malinconico, che si percepisce vividamente: sarà la penombra, saranno i tanti schermi che animano la scena, sarà che si vede che è un’opera incompiuta. Come se la regina avesse abdicato prima del tempo, avendo ancora molte cose da dire.

Giulia Mura

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Giulia Mura

Giulia Mura

Architetto specializzato in museografia ed allestimenti, classe 1983, da anni collabora con il critico Luigi Prestinenza Puglisi presso il laboratorio creativo PresS/Tfactory_AIAC (Associazione Italiana di Architettura e Critica) e la galleria romana Interno14. Assistente universitaria, curatrice e consulente museografica, con…

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