Un altro festival? A Bologna un’intera settimana per le live arts

Torna Gianny Päng, torna il palinsesto di Xing, che quest’anno si concentra sulle atletiche esistenziali, presentando opere ibride che parlano linguaggi compositi. È la Live Arts Week di Bologna. Si parte martedì 16 aprile.

Ci eravamo lasciati con la prima edizione di Live Arts Week, ovvero con il progetto che si proponeva di andare oltre le logiche che avevano accompagnato le sperimentazioni audiovisive (NetMage) o le derive teatrali e delle poetiche del corpo (F.I.S.Co) verso una performatività allargata.
La seconda edizione prenderà vita in gran parte all’interno di uno spazio museale, il MAMbo, che diventa un ambiente per testare forme e pratiche dell’abitare (sia nel senso di soggiornare che di occupare) attraverso gli strumenti della coreografia, della musica e dell’allestimento. Un programma ricco e articolato che, come era accaduto un anno fa, spinge l’attenzione anche sulle modalità di fruizione e ricezione, spostando il bersaglio sul pubblico .
Si tratta proprio di vivere le stanze e i corridoi del museo nel caso di Goodiepal che porterà al festival la sua azione critica nei confronti di quelle che lui stesso chiama “posture culturali”, lui che si sposta per il mondo con un velocipede e che dall’esperienza bolognese partorirà un concerto, atto conclusivo dell’intera manifestazione.
Come sempre Xing persegue l’intento di presentare e accostare autori di generazioni diverse: il museo è la sede prescelta per la riproposizione della storica performance Fifty-one Years on the Infinite Plain (1972-2013) di Tony Conrad, tra i fondatori del minimalismo ed esponente di spicco dell’avanguardia audiovisiva americana. Fa da contraltare, sempre sul versante americano, la proposta dei Silent Movies Screen Tests, sei cortometraggi inediti di Nature Theater of Oklahoma, compagnia fondata nel 1995 da Pavol Liska e Kelly Copper.

Si conferma la volontà di produzione e sostegno alla scena italiana testimoniata dalla presenza dei progetti di Riccardo Benassi, Muna Mussie, Sara Manente e Daniela Cattivelli. Quest’ultima, accompagnata dal coreografo Michele di Stefano, presenta una performance intitolata UIT basata sulla reazione a input sonori provenienti da richiami per uccelli. Manente, coreografa italiana attiva in Belgio, ha ideato un’azione dedicata a Marcel Broodthaers e Andy Kaufman, alla loro visione dell’arte come perpetuo rinarrare, riscrivere riformulando la realtà. In Monkey See, Monkey Do, Mussie lavora sull’immagine e sul suo riflesso, mentre Techno Casa di Benassi è un progetto complesso che fonde le logiche dell’installazione e della performance per produrre un’analisi profonda dell’ossessione tecnologica che si ritorce sull’architettura d’interni. L’intervento è anticipato da un video trailer, parte della sezione video channel – insieme tra gli altri al didattico The Life Skills dell’artista russo Dmitry Paranyushkin – che mette a disposizioni contenuti supplementari anche per chi non può seguire la programmazione dal vivo.
Altre attività parallele per l’edizione che si aprirà a breve sono il live critics e streaming in onda su Radio Città del Capo Volatile Voices a cura di Elisa Fontana, ispirato dal libro Elizabeth Grosz, e la piattaforma critica Blended Gaze curata da Piersandra Di Matteo con un gruppo di critici, osservatori, fotografi sullo spazio web di Nero Magazine.
Molto più lungo l’elenco degli artisti che si esibiranno al MAMbo, tra gli altri Lucio Capece, la collabrazione tra Dracula Lewis e Out4Pizza, Rose Kallal con Joe DeNardo, il ritorno di Mårten Spångberg.

Pierre Huyghe, The Host and The Cloud, 2009-2010, Image from 14 February 2010, Courtesy of Marian Goodman Gallery, New York and Paris, Photo by Ola Rindal

Pierre Huyghe, The Host and The Cloud, 2009-2010, Image from 14 February 2010, Courtesy of Marian Goodman Gallery, New York and Paris, Photo by Ola Rindal

Uscendo dal museo vanno segnalate due presenze interessanti: Marcel Türkowsky & Elise Florenty e Pierre Huyghe. La coppia franco-tedesca, al debutto italiano, presenta l’installazione audio-visiva We, the frozen storm, visibile per tutta la durata del festival nei suggestivi e insoliti spazi del Garage Pincio, “caverna artificiale” sottostante il Parco della Montagnola. Del famoso artista francese invece viene presentata la prima italiana di The Host and The Cloud, film in cui impiegati del Musée des Arts et Traditions Populaires di Parigi sono stati coinvolti in una serie di azioni ispirate alle tradizioni popolari accadute nei giorni di Halloween, San Valentino e Primo Maggio.
Ce n’è abbastanza per fare del capoluogo emiliano la capitale delle arti performative? Dal 16 al 21 aprile, crediamo proprio di sì.

Claudio Musso

www.liveartsweek.it

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Claudio Musso

Claudio Musso

Critico d'arte e curatore indipendente, la sua attività di ricerca pone particolare attenzione al rapporto tra arte visiva, linguaggio e comunicazione, all'arte urbana e alle nuove tecnologie nel panorama artistico. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Archeologia e Storia…

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