Cosa rara: un giovane artista italiano che pensa con la propria testa. Si chiama Francesco Vezzoli: ecco il video dove racconta la sua mostra al Museion di Bolzano

Per cominciare, rispondiamo alle prime obbiezioni: “giovane” artista, a 45 anni? Sì, è una convenzione, ma già nella vetero-Italia a 45 anni si può essere giovani: e lui per freschezza e libertà di ispirazione, combinate a grande lucidità, trasmette comunque giovinezza. Lui è Francesco Vezzoli, e oggi ha incontrato la stampa a Roma per presentare […]

Per cominciare, rispondiamo alle prime obbiezioni: “giovane” artista, a 45 anni? Sì, è una convenzione, ma già nella vetero-Italia a 45 anni si può essere giovani: e lui per freschezza e libertà di ispirazione, combinate a grande lucidità, trasmette comunque giovinezza. Lui è Francesco Vezzoli, e oggi ha incontrato la stampa a Roma per presentare la sua mostra – ma ancor più il suo impegno come guest curator – al Museion di Bolzano. Partiamo da qui: la direttrice Letizia Ragaglia ha introdotto questo appuntamento romano come un primo esperimento del museo – eminentemente provinciale, lontano dalle grandi direttrici dell’arte – di avvicinarsi anche fisicamente al resto dell’Italia. E sempre la Ragaglia ha tratteggiato i programmi futuri del Museion, con una speciale attenzione alle donne nell’arte e alla sccultura, “il mezzo che più si è modificato nell’ultimo secolo“.
Ed ecco il coinvolgimento di Vezzoli: se finora i curatori ospiti del museo si erano concentrati sul ridefinire il ruolo della stessa istituzione, a lui è stato chiesto di interrogarsi sul concetto del contemporaneo. E la sua prima risposta, che sposa le intenzioni della direttrice, è quella di presentare la prima retrospettiva delle sue sculture. E in questo Vezzoli ha iniziato a stupire i presenti: cercando continuamente di smitizzare la sua immagine, di decostruire la figura di dandy eccentrico e modaiolo che la pubblicistica gli ha costruito addosso: con una giusta dose di realismo. “Fino a qualche tempo fa, mi piaceva indagare le icone del cinema, oggi – giunto alla mia mezza età – mi piace lavorare con la scultura antica, anche di 2000 anni. La sento affine alla mia arte e alla mia ricerca“. Ed ecco la mostra bolzanina: 19 sculture protagoniste della sua reinterpretazione, fra le quali un Giano bifronte, “che abbiamo acquisito appositamente, l’ho scelto perchè richiama direttamente la mia doppiezza tante volte espressa

Poi un giornalista fra il pubblico ha posto la domanda che ha dato il via a un sorprendente – positivamente – outing, che svela grande indipendenza di pensiero e determinazione nel seguire la propria ispirazione senza subire pressioni esterne, sociali, ambientali: merci rarissime fra gli artisti italiani della sua generazione. “Che ne pensa del problema dei rifugiati? Perchè non affronta la cosa nelle sue opere?”. Risposta, determinata: “Io sono molto vicino umanamente e socialmente ai problemi di queste persone. Ma non intendo farne un tema per la mia arte, semplicemente perchè ho altre fonti di ispirazione. Personalmente trovo che farlo assomigli molto allo sfruttamento, alla strumentalizzazione. L’artista non deve per forza occuparsi della società: io seguo per esempio i dibattiti alla tv, dove c’è gente in grado di parlarne con più competenza di me“. Una visione chiara e convinta, coraggiosa se vogliamo, che svela una personalità forte nel sostenere la propria ispirazione e sensibilità, piuttosto che seguire mode o modalità importate acriticamente da altri scenari. Una personalità che restituisce un po’ di fiducia a chi disperava nello spessore di gran parte dei giovani artisti italiani.

Massimo Mattioli

 

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Massimo Mattioli

Massimo Mattioli

É nato a Todi (Pg). Laureato in Storia dell'Arte Contemporanea all’Università di Perugia, fra il 1993 e il 1994 ha lavorato a Torino come redattore de “Il Giornale dell'Arte”. Nel 2005 ha pubblicato per Silvia Editrice il libro “Rigando dritto.…

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