Come costruire un museo dedicato a un popolo che non sta mai fermo? Unendo tecnologia e storia. Come hanno fatto in Finlandia gli architetti Bornstein Lyckefors

A Torsby, in Finlandia, una scuola tra le radure di una foresta si fa ombra per dare una casa ad una storica popolazione di migranti: i “Forest Finns”. Si tratta del Finnskogscentrum degli architetti Bornstein Lyckefors, prova tangibile di grande maestria poiché traduce in espedienti architettonici l’insieme di tradizioni che hanno caratterizzato il popolo nomade […]

A Torsby, in Finlandia, una scuola tra le radure di una foresta si fa ombra per dare una casa ad una storica popolazione di migranti: i “Forest Finns”. Si tratta del Finnskogscentrum degli architetti Bornstein Lyckefors, prova tangibile di grande maestria poiché traduce in espedienti architettonici l’insieme di tradizioni che hanno caratterizzato il popolo nomade dei Forest Finns. Le chiavi di lettura sono molteplici. La seconda pelle dell’edificio, per iniziare, costituita da 300 tronchi provenienti dai boschi circostanti, rimanda alla pratica fondante di questo popolo nomade: l’agricoltura “slash-and-burn” (letteralmente taglia e brucia) che permetteva ai migranti di convertire aree boschive in campi fertili tagliando e bruciando porzioni di bosco. Una struttura metallica sostiene lo schermo volutamente non trattato affinché la natura ne intacchi la superficie mostrando i segni dello scorrere del tempo. Sebbene la scuola venga “nascosta” non se ne snatura la distribuzione interna. L’esterno, dipinto di nero, diviene suggestivo profilo messo in comunicazione con la seconda pelle tramite bucature estruse che, oltre ad evidenziare l’ingresso, si trasformano in sedute.
L’allestimento interno gioca anch’esso molto sul contrasto: la sala in cui si espongono arti e tecniche del popolo dei Finn staglia, in una stanza scura con il pavimento decorato da una stampa si tronchi arsi dalle fiamme, degli alberi stilizzati di un verde brillante, sostegno di teche ed espositori. Separé di diagonali specchiate sezionano il percorso, estendendone le prospettive. La sala centrale, cuore della mostra, con una grande struttura circolare che simboleggia il focolare a memoria delle tradizionali abitazioni dei migranti, viene nuovamente caratterizzata dal colore, questa volta delle pareti, trattato in modo da sfumare progressivamente come il fumo che, fuoriuscendo nella stanza per mantenerne il tepore, tingeva le mura delle abitazioni. Un esempio di architettura rispettosa e densa di significato, tanto radicata nella storia e nelle tradizioni quanto capace di parlare un linguaggio schietto e assolutamente contemporaneo.

Flavia Chiavaroli

http://www.varmlandsmuseum.se/1/1.0.1.0/87/1/

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Flavia ChiavarolI

Flavia ChiavarolI

Architetto, exhibition designer e critico freelance. Osservatrice attenta e grande appassionata di architettura ed arte moderna e contemporanea riporta la sua esperienza nell’organizzazione di workshop, collabora con artisti e fotografi e aggiornando i principali social network. Dal 2012 si occupa…

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