Apre sulle Dolomiti il nuovo Messner Museum firmato da Zaha Hadid. Immagini e video dall’opening di Plan De Corones

TRE TUNNEL CHE SBUCANO IN ALTRETTANTE VISIONI SULLE DOLOMITI Plan De Corones. Uno scalatore estremo? Uno scrittore? Un curatore? Un collezionista? Tutte queste cose insieme. Reinhold Messner nel suo visionario progetto di Museo della Montagna che porta il suo nome, il MMM Messner Mountain Museum, rispecchia tutte queste attitudini. È un Museo suddiviso in diversi […]

TRE TUNNEL CHE SBUCANO IN ALTRETTANTE VISIONI SULLE DOLOMITI
Plan De Corones. Uno scalatore estremo? Uno scrittore? Un curatore? Un collezionista? Tutte queste cose insieme. Reinhold Messner nel suo visionario progetto di Museo della Montagna che porta il suo nome, il MMM Messner Mountain Museum, rispecchia tutte queste attitudini. È un Museo suddiviso in diversi satelliti tra Alto Adige e Cadore, “fatto del fuori e del dentro”, che il 23 luglio ha aperto la sesta sede firmata da Zaha Hadid a Plan de Corones, tra Brunico e la Val Badia. Cerimonia ufficiale, presente non l’archistar, ma Patrik Schumacher, direttore di Zaha Hadid Architects, con tanta suspense per la siluette dell’architettura velata fino all’ultimo in blu (rigorosamente in stoffa di loden sudtirolese della Moessner). Nel video vi mostriamo il momento in cui viene disvelata la forma del futuristico museo che s’infila nel terreno e sprofonda in tre tunnel che sbucano in altrettante visioni sulle Dolomiti, una è una terrazza incredibile. Siamo a 2.275 metri, in uno dei maggiori distretti dello sci, nel centro delle Alpi, con una vista incredibile sulle Dolomiti (la Marmolada e la catena delle Odle, fondamentale nell’infanzia dello scalatore) e sulle cime del versante austriaco, innevate in questa calda estate.

CEMENTO, CURVE E TANTA ARTE
I primi ospiti entrano che si sente ancora forte l’odore del cemento, il materiale dell’intera struttura con le tipiche forme curve, che non hanno distolto Messner dall’esporre la sua collezione di opere dedicate alla montagna. Certo, soprattutto arte, come i dipinti di Thomas Ender e le installazioni contemporanee di Stephan Huber, nella sede che Messner dedica alla disciplina dell’alpinismo tradizionale, contrapposto a un approccio turistico alla scalata. Simbolica la scala a pioli che Messner vuole all’entrata, lui profeta delle spedizioni in solitaria “no extra oxygen, no fixed ropes, no established camps, no support”, e ritorna nel primo quadro all’interno, una pittura del 1975 che raffigura l’Everest. Dove finisce la missione, dove inizia l’approccio non coscienzioso, non consapevole alla montagna? Queste le domande che il sudtirolese pone al visitatore. Quello del Museo è un progetto di Messner personalissimo e al tempo stesso universale.

REALIZZATO SENZA ALCUN SUPPORTO PUBBLICO
Personale perché sviluppato senza mai alcun supporto pubblico (esempio forse unico in Italia, come fiero sottolinea). Personale perché nasce da una sua idea e volontà di comunicare il proprio rapporto con la montagna e universale perché non racconta dei suoi infiniti record, non documenta spedizioni che hanno raggiunto i diversi apici del pianeta, ma evoca la montagna come mito (nella sede di MMM Juval), attraverso gli elementi del ghiaccio e della roccia (all’MMM Ortles e nella sede in Cadore), attraverso il sentire delle popolazioni montane (nella sede del Castello di Brunico). Personale perché lui sceglie da sè le opere da esporre e come esporle, spostarle, ricollocarle, farle dialogare con tante citazioni, narrazioni e reliquie di monti lontani. Ancora personale perché ha scelto lui gli architetti dei suoi musei, dando vita a interessanti esempi di recupero e di nuove creazioni: il tedesco Robert Danz per Castel Juval, gli architetti padovani Enzo Silviero e Paolo Faccio per il forte sul Monte Rite, Werner Tscholl per Castel Firmiano, Arnold Gapp per l’MMM Ortles, lo studio EM2 degli architetti Kurt Egger, Gerhard Mahlknecht e Heinrich Mutschlechner per il Castello di Brunico. Per Messner si tratta di gesamkunstwerk, di convergenza delle diverse forme di pensiero ed espressione in un’unica visione. Noi vi raccontiamo tutto con foto e video di Stefano Cagol…

– Mariella Rossi

 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati