L’Italia prende un’ammonizione (la seconda) per il design

L’Italia è sotto procedura d’infrazione. La Commissione europea ha infatti inviato la seconda ammonizione al nostro Paese per il mancato rispetto delle norme comunitarie sulla protezione del diritto d’autore relativo agli elementi di design.

La procedura d’infrazione è un procedimento precontenzioso con il quale la Commissione europea tenta di indurre lo Stato membro a mettersi volontariamente in regola con il diritto dell’Unione, dapprima mediante un procedimento di messa in mora (richiesta di adeguamento) e poi con un parere motivato.
L’Italia fa l’en plein e riceve da Bruxelles il parere motivato con il quale si invita il legislatore nazionale ad ampliare la tutela offerta al diritto su disegni e modelli. La Commissione europea vuole infatti che sia recepita la direttiva n.71/1998 in base alla quale i disegni ed i modelli siano ammessi anche alla tutela del diritto d’autore.
La normativa italiana infatti consente tale allargamento della tutela, ma – con l’art. 239 del Codice della proprietà intellettuale – esclude per 13 anni i disegni ed i modelli precedenti all’attuazione della direttiva in Italia, impedendo ai detentori di questi diritti di avvalersi dei vantaggi garantiti dalla direttiva europea. La limitazione originaria (di cinque anni) è stata allungata a 13 dal decreto Milleproroghe del 2011 (convertito in legge nel 2012). Ciò contrariamente anche ad una precedente pronuncia della Corte di giustizia europea che, su altro argomento, aveva statuito che una disciplina transitoria (applicabile su decisione di ogni legislatore nazionale per consentire un’applicazione non improvvisa della nuova normativa, ove necessario) di durata pari a dieci anni fosse contraria al diritto comunitario.
Fortunatamente la giurisprudenza italiana mostra segni di maggior recettività dei principi comunitari: il Tribunale di Milano (già nel 2012, per la causa Flos/Semeraro con l’intervento di Assoluce) ha precisato infatti che l’art. 239 del Codice della proprietà intellettuale è in “palese contrasto con il tenore della sentenza della Corte di giustizia del 27 gennaio 2011 quanto all’esorbitanza del termine dei tredici anni ivi previsto per la commercializzazione da parte di terzi”.

Claudio Balocchi

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Redazione

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