Le Pussy Riot aggredite a Sochi. Il video del pestaggio

Le hanno aggredite, colpite a mani nude e con delle fruste, gettandole a terra. Le Pussy Riot stavano per esibirsi pubblicamente in una delle loro canzoni provocatorie, quando la polizia è intervenuta con violenza. Ecco le immagini rubate a Sochi

Non c’è pace per le Pussy Riot. Finito l’incubo della detenzione, per la condanna legata alla performance blasmefa del 2012, un nuovo episodio persecutorio colpisce le quattro ragazze ribelli. Oggi pomeriggio, a Sochi, la punk band russa è stata vittima di un attacco da parte di alcuni agenti della sicurezza russa, durante lo svolgimento dei Giochi Olimpici. Beccate di nuovo, o meglio fattesi beccare: l’intento era ancora una volta quello di denuinciare ad alta voce, di catturare l’ettenzione con azioni musicali, strumenti di denuncia politica senza mezzi termini. I metodi repressivi di Putin, le leggi poco rispettose per i diritti civili e la mano pesante della polizia nei confronti dei disseidenti, sono il cuore della loro battaglia ostinata.
In questo estratto video, trasmesso da alcune tv internazionali e apparso su Youtube per qualche ora (prima di essere rimosso da diversi account) viene ripresa la cruda realtà: le giovani performer, abbigliate con i consueti passamontagna colorati e armate solo delle loro chitarre, sono state aggredite da un piccolo plotone di energumeni in divisa, scagliatisi contro di loro a mani nude o con delle fruste, fino a gettarle a terra. Copricapo stati strappati dal volto e una chiatarra scaraventata nella pattumiera.

Il pestaggio delle Pussy Riot a Sochi

Il pestaggio delle Pussy Riot a Sochi

Un episodio di violenza pura e preventiva, senza motivazione alcuna se non quella di incutere terrore. Due di loro, Nadia TolokonnikovaMaria Alekhina, erano rimaste in stato fermo per qualche ora, martedì scorso, a seguito di una denuncia di furto da parte dell’hotel dove alloggiavano. Nessun arresto nemmeno oggi. Sempici minacce fisiche, per far capire chi comanda e dove sta il limite.
Nel 2012 le Pussy Riot erano state arrestate con l’accusa di “teppismo e istigazione all’odio religioso”, a causa di un’esibizione non autorizzata nella Cattedrale di Cristo Salvatore: una canzone in forma di preghiera, rivolta alla Vergine Maria, con tanto di “Liberaci da Putin” e altre colorite imprecazioni.
Scenografiche, eccessive, disobbedienti, provocatrici sempre e comunque, le Pussy Riot si allacciano a una tradizione estetica con radici molto forti in area sovietica, orientata alla dissacrazione del potere e alla resistenza tramite azioni artistiche scandalose, di contestazione e di denuncia. Una modalità criticata e criticabile, ma che nell’esposizione alla critica stessa trova il proprio senso. Lo scontro caldo con un potere severo, dogmatico o addirittura repressivo si traduce in una forma di lotta politica affidata all’arte, al teatro, alla musica, alla parola. Attivismo creativo a volte molto duro, che però non giustifica reazioni di violenza fisica immotivata, come quelle a cui il mondo ha assistito oggi e che qualche telecamera ha rubato, per fortuna. Su Twitter, intanto, le ragazze hanno postato le immagini delle ferite riportate: unghie spezzate, lividi e i segni evidenti delle fruste sulla pelle.

Helga Marsala 

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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