Venezia e overtourism. C’è un modo per far convivere residenti e turisti in Laguna? 

Venezia deve decidere che cosa vuole essere. Olimpia Scappini, Presidente dell’Associazione Bre-VE risponde a Claudia Berti e al suo articolo su Artribune sull’overtourism in Laguna

Egregio Direttore, 

seguo Artribune da anni per la qualità dei suoi contenuti, ma desidero esprimerle la mia contrarietà in merito all’articolo a firma di Claudia Berti, “Una città sopraffatta? Venezia e la sua lotta all’overtourism”, pubblicato l’8 dicembre scorso. 

La risposta di Olimpia Scappini 

Sono presidente di un’associazione veneziana che riunisce proprietari e società di gestione di appartamenti in locazione turistica e lavoro nell’industria del turismo da decenni. Conosco bene le dinamiche del settore e della città, e ritengo che quanto scritto dalla dottoressa Berti non corrisponda alla realtà, riportando, tra l’altro, dati non corretti. A Venezia non ci sono, ad esempio, 48.951 posti letto per i residenti: basti considerare che esistono quasi 47.000 abitazioni, di diverse dimensioni, che presumibilmente possono ospitare come minimo due persone ciascuna. 

L’articolo propone una visione contrapposta tra una Venezia “morta” perché svuotata dai residenti e una Venezia “svenduta” perché frequentata dai turisti e sede di eventi ad alta visibilità. La realtà, come spesso accade, è molto più complessa. Peraltro, vengono citati eventi particolarmente mediatici, mentre si dimenticano appuntamenti di enorme rilevanza come le due Biennali o, ancor più sorprendentemente, la straordinaria esposizione presente ora alle Gallerie dell’Accademia “Stupore, realtà, enigma. Pietro Bellotti e la pittura del Seicento a Venezia”. 

La crisi della città di Venezia e il turismo globale 

È indubbio che Venezia, come i maggiori centri storici del nostro Paese, stia affrontando una crisi profonda e strutturale, ma questa crisi precede di decenni l’esplosione del turismo globale. Attribuire il declino della residenzialità e delle tradizioni esclusivamente all’overtourism significa ignorare fattori come la cronica carenza di politiche abitative, il declino demografico, la trasformazione economica e la mancata diversificazione del lavoro. Problemi che non nascono con il matrimonio di un miliardario né si risolvono limitando gli eventi culturali. 

L’articolo fa inoltre intendere i grandi eventi come elementi quasi “parassitari”, che sfruttano Venezia senza restituire nulla. Ma sarebbe più corretto riconoscere che la città vive anche grazie alla sua attrattività internazionale e agli eventi culturali che richiamano milioni di appassionati d’arte. La storia di Venezia, del resto, è segnata da manifestazioni e celebrazioni che ne hanno alimentato prestigio e ricchezza. Il problema non sono gli eventi in sé, bensì la capacità (o l’incapacità) di gestirli in modo equilibrato e sostenibile. 

Residenti e turisti a Venezia 

Anche la contrapposizione netta tra “residenti” e “turisti”, pur efficace dal punto di vista narrativo, risulta riduttiva. I residenti non sono un blocco omogeneo: c’è chi trae reddito dal turismo, chi lo subisce, chi vi lavora, chi lo rifiuta. Allo stesso modo esistono forme di turismo lente, rispettose e consapevoli, che non possono essere assimilate all’overtourism che domina il racconto mediatico. Ridurre questa complessità a un conflitto binario rischia di ostacolare la ricerca di soluzioni efficaci, che richiedono invece la collaborazione di tutti gli attori coinvolti. 

L’articolo ha però il merito di porre al centro una questione fondamentale: Venezia deve decidere che cosa vuole essere. Ma la scelta non è tra “città-museo per i turisti” e “città viva per i residenti”. La vera sfida è far convivere queste due dimensioni, perché Venezia è storicamente entrambe. Difendere la vita quotidiana non significa chiuderla al mondo, così come valorizzarne il ruolo internazionale non dovrebbe comportare l’espulsione dei suoi abitanti. 

Quale futuro per Venezia? 

La discussione sul futuro di Venezia non può quindi ridursi alla difesa o alla condanna dei grandi eventi, né tantomeno alla demonizzazione del turismo. Occorre un progetto più ampio: politiche abitative efficaci, sviluppo di attività economiche non legate solo al turismo, tutela della laguna, gestione intelligente dei flussi e, soprattutto, una visione che consideri i residenti non come comparse della “città-museo”, ma come protagonisti. 

Solo così Venezia potrà tornare a essere non un simbolo di fragilità, ma un modello possibile di equilibrio tra patrimonio, vita quotidiana e apertura al mondo. 

La ringrazio per l’attenzione e porgo cordiali saluti. 

Olimpia Scappini 
Presidente Bre-VE 

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Redazione

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