Itinerario nella natura alle Fonti del Clitunno. Visitare la “Venezia dell’Umbria” 

La fine dell’estate è il periodo perfetto per immergersi nella natura umbra ed esplorare le Fonti del Clitunno, cantate da Virgilio e da Carducci, dove sorge un tempietto patrimonio Unesco. E già che si è lì vale la pena visitare la “Venezia dell’Umbria”. Ecco tutto l’itinerario

Tra Spoleto e Foligno, in una macchia di verde dai colori poetici e incontaminati, scaturiscono dal terreno le Fonti del Clitunno. Un paradiso naturalistico in cui cigni, anatre e farfalle si aggirano indisturbati tra le acque cristalline. Un’oasi di pace che sembra tratta da un quadro di Monet o dall’Ofelia di Dante Gabriel Rossetti. Già gli Antichi Romani consideravano queste Fonti come un luogo prezioso, sacro; sede dell’oracolo del dio Clitunno, da cui deriva il nome l’area. Virgilio per primo le citò nelle sue Georgiche. E, dopo di lui, anche Giosuè Carducci e Byron. E se questo non bastasse a stuzzicare l’interesse per questo angolo dell’Umbria, a neanche un chilometro di distanza c’è il Tempietto del Clitunno, riconosciuto Patrimonio UNESCO dal 2011, quale testimonianza dei Longobardi in Italia Centrale. Ultima tappa di questo breve tour è Rasiglia, detta (a buon motivo) la “Venezia dell’Umbria”. Ecco di seguito tutti i dettagli di questi posti ricchi di fascino tra storia, natura e cultura.  

Le Fonti del Clitunno in Umbria 

Da qui, o Clitunno, le bianche greggi e il toro – la massima vittima – spesso bagnati nel sacro fiume, portarono ai templi degli dei i trionfi romani”, Virgilio, Georgiche

Queste le parole con cui il poeta latino riporta nelle Georgiche la curiosa leggenda dei buoi che, immergendosi nelle acque del fiume, sarebbero diventati ancora più candidi. Parole che fanno trasparire la sacralità del luogo, costantemente celebrato in epoca imperiale. Ci sono testimonianze della presenza dell’imperatore Caligola come frequentatore delle “Sacra Clitumnalia”: feste in onore del dio, Clitunno, che si tenevano ogni primavera.  

Storia a parte, si tratta di un ecosistema naturale unico, nato dall’affioramento delle acque dell’omonimo complesso sorgivo del Clitunno che danno vita a un piccolo bacino lacustre di circa 400 metri di diametro per una superficie di quasi 10.000 metri quadrati. Qua e là, tra salici piangenti, giunchi e muschi, si schiudono polle d’acqua cristallina dalle tinte cangianti che sfumano dall’azzurro al verde smeraldino. Tutt’attorno, un grande parco pubblico in cui ci si può distendere all’ombra, sull’erba, oppure riposare seduti a una delle tante panchine. Ovunque si getti lo sguardo pare di essere immersi in un quadro con le ninfee di Monet. Numerosissime le specie vegetali – muschio, fanerogame, coda di cavallo acquatica, mestolaccia, brosca increspata, gamberaja maggiore, nontiscordardime delle paludi, nasturzio acquatico – che conferiscono un aspetto lussureggiante e maestoso all’area. 

Il Tempietto del Clitunno 

A meno di un chilometro di distanza dalle Fonti, percorribile a piedi, si raggiunge il Tempietto del Clitunno, riconosciuto Patrimonio UNESCO dal 2011, quale sito che testimonia la presenza dei Longobardi in Italia. Ma questo luogo è molto di più: è un caso – ben riuscito – di riuso consapevole dell’Antico. Per comprenderne il valore bisogna distinguere tra il riutilizzare senza coscienza né scopo la materia del passato e il recupero intenzionale delle spolia, con un preciso programma ideologico. In questo caso, il Tempietto è stato edificato su un sacello preesistente lungo il corso del fiume Clitunno, con componenti provenienti dagli edifici romani distribuiti sui colli circostanti. È dunque tangibile testimonianza del reimpiego come mezzo scelto dalle élites longobarde per qualificare a loro posizione sociale e legittimare il loro potere. Un modo per porsi come vere eredi della viltà e della cultura classiche. 

Rasiglia: la Venezia dell’Umbria 

L’ultimo posto da non perdere nei dintorni è Rasiglia. Borgo umbro affollato di mulini, filande e corsi d’acqua, che testimoniano ancora oggi l’antico passato di attività tessili dell’area. Attività rese possibili dallo sgorgare della sorgente Capovena, a cui se ne uniscono altre cinque minori. Le origini di Rasiglia si affondano nel Medioevo del XII Secolo, anche se bisogna attendere fino alla Signoria dei Trinci, duecento anni dopo, per vedere fiorire l’economia mercantile della città. È con loro che si attiva lo sfruttamento delle acque, da cui nascono concerie, gualchiere da panno, filande, tintorie che, con i dovuti ammodernamenti, rimarranno attive fino al Secondo Dopoguerra.  

Rasiglia. Photo Umbria Tourism
Rasiglia. Photo Umbria Tourism

Oggi, ad attirare i visitatori, oltre alle testimonianze della produzione tessile, c’è il fascino dell’acqua. Acqua che si snoda tra le case, illuminandole di scintillii e riflessi che ricordano – pur in una veste e con un paesaggio assai diversi – i canali della Laguna di Venezia. Tanto da far meritare a Rasiglia l’appellativo di “Venezia dell’Umbria”.  

Emma Sedini 

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Emma Sedini

Emma Sedini

Etrusca e milanese d'origine in parti uguali, vive e lavora tra Milano e Perugia. Dopo la Laurea Magistrale in Economica and Management for Arts, Culture, Media and Communication all'università Luigi Bocconi di Milano e un corso professionale in Digital Marketing…

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