London Updates: poche sorprese da 1:54. La fiera dell’arte africana non convince

Poco coraggio e sperimentazione, molto déjà vu alla Somerset House, sede della fiera che l’art week londinese dedica all’Africa. Tra le perle però la galleria italiana APalazzo

La quarta edizione della fiera che Londra dedica all’arte africana, a qualche minuto a piedi da Covent Garden, comincia ad accusare segni di stanchezza, nonostante la recente scelta di raddoppiare l’appuntamento con una versione a New York sembri suggerire il contrario. Una stanchezza che non si misura tanto nell’organizzazione, nella disposizione o nella selezione delle gallerie, quanto piuttosto nella veridicità, nell’originalità degli artisti selezionati che nella maggior parte dei casi si rincorrono, provocando continui déjà vu e déjà vécu; lasciando la sensazione che, talvolta, gli artisti emergenti africani stiano emulando artefici fin troppo conosciuti. E la realtà del mercato, della piazza di 1:54 quest’anno sembra vivere di luce riflessa e non di luce propria. Nonostante gli Special Projects dedicati ai grandi, come, ad esempio Malick Sibidé, riuniscano serie sostanzialmente mai mostrate in Europa, artisti come Mustafa Maluka dalla Galerie Mikael Andersen, oppure Houston Maludi da  Magnin-A, Romuald Hazoumè da October Gallery cominciano a risultare scontati, di fronte agli ennesimi Tribal Mark Series di Babajide Olatunji che si susseguono di appartamento in appartamento, di piano in piano (resta affascinante il format della fiera, che occupa gli spazi fuori dal tempo di Somerset House), proprio come le applicazioni decorative di Sara Ouhaddou. Si potrebbe definire 1:54 di quest’anno come faticosa.

POCO SPAZIO ALLA RICERCA

Oltre agli approfondimenti dedicati, ad esempio, anche alla Bandjoun Station di Barthélémy Toguo, ci si deve inoltrare, tra scale e corridoi, di stanza in stanza per arrivare a godere della presenza  – effimera – di artisti di ricerca come Owanto, che però viene ridotta ad un nome e a una singola opera nella South wing, senza alcun focus sul suo lavoro. Oppure si è costretti ad avventurarsi a forza, a piano terra, tra i ricami di Zak Ovè e le foto tecnicamente perfette, troppo perfette di Namsa Leuba, per arrivare nelle prossimità delle tre gallerie forse meglio concepite, a livello di uniformità formale e di selezione di artisti emergenti e non, come: la sudafricana Afronova, la bresciana APalazzo Gallery e la raffinatissima Sabrina Amrani.

COSA SALVIAMO?
Curiosamente situate le une vicine alle altre, le indagini fotografiche dirompenti di Jodie Bieber, le donne in attesa di Senzeni Marasela, e gli atti espliciti di Billie Zangewa lasciano presentire l’ebollizione, lo stato di rivoluzione attuale della scena di Johannesburg, anche solo attraverso lavori di piccole dimensioni, ma perfettamente cesellati. La galleria bresciana, a poca distanza, dedica, invece, tutto lo stand a Em’kal Eyongakpa, rievocando, ma solo in parte, la personale inaugurata alcuni mesi fa in Italia. In ultimo, è consigliato attraversare le superfici luminose affidate alla gallerista spagnola Sabrina Amrani che tra Benbouchta, Adrianomearisoa, Bouabdellah e Kossentini dona eleganza, senza affettazione, ad una fiera che nemmeno le italiane Primo Marella e Officine dell’immagine hanno saputo inquadrare appieno. Vero punto di forza della fiera, quest’anno, resta al sezione Forum, curata dalla senegalese  Koyo Kouoh, che ospita e riunisce autori africani difficilmente incontrabili, nello stesso contesto, in altra occasione.

– Ginevra Bria

6 – 9 ottobre 2016
1:54 African Contemporary Art Fair
Somerset House – South Wing
Londra, Strand
www.1-54.com

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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