Maurizia Rebola, direttrice del Circolo dei Lettori di Torino, usa il figlio disabile per fare campagna elettorale a Fassino

La direttrice del Circolo dei Lettori di Torino fa un endorsement al candidato sindaco del PD, Piero Fassino. Qual è il problema? Un post scritto in prima persona, facendo parlare il figlio disabile. Una scelta discutibile, sulla quale però stampa e opinione pubblica hanno taciuto

La sera del 10 giugno, Maurizia Rebola pubblica su Facebook un endorsement per Piero Fassino, sindaco uscente di Torino e in pole position nel ballottaggio del prossimo 19 giugno. Maurizia Rebola è una manager culturale che dall’anno scorso dirige il Circolo dei Lettori di cui è presidente Luca Beatrice (il quale, detto en passant, ha fatto un lavoro eccellente in quel luogo). Tutti hanno il diritto di fare endorsement, intendiamoci. L’endorsement è onestà e trasparenza, anzi, e non a caso è un istituto praticato in tutta la stampa anglosassone. Dovresti farlo però senza doppi fini e senza trascendere, questo sì. Specie quando ti occupi di cultura e quando, dunque, i tuoi errori contano doppio. E invece qui si è trasceso e si ravvisano anche i doppi fini. Vediamo perché.

Il post pubblicato da Maurizia Rebola il 10 giugno 2016

Il post pubblicato da Maurizia Rebola il 10 giugno 2016

IL POST COL RAGAZZO DISABILE
Maurizia Rebola è sposata con Valerio Saffirio, fondatore di Stylum, la società di comunicazione che segue la campagna elettorale di Piero Fassino. Guarda che caso. E già ce ne sarebbe abbastanza per scatenare stampa e detrattori. Ma il bello, anzi il brutto, deve ancora venire.
Il post infatti non è scritto in prima persona, ma dà voce al figlio Riccardo della Rebola, “un ragazzino disabile” di 14 anni, come si legge nel messaggio. “Non parlo, non cammino, non posso fare nulla in autonomia”, prosegue il testo, coraggioso nel non nascondere problematiche che ancora, nel nostro Paese, si tacciono per paura di urtare il prossimo, come se la diversità – qualunque essa sia – fosse una colpa.
Però poi il post cambia repentinamente tono e passa da presa d’orgoglio di una mamma alle prese con difficoltà e diversità, a propaganda politica di bassa lega. Con una liaison a dir poco stupefacente: “Sono fortunato perché sono circondato da persone meravigliose che mi amano e anche perché vivo a Torino, città governata da cinque anni da Piero Fassino, attento e sensibile alle situazioni come la mia”. L’ambiente familiare, gli amici, i conoscenti e… Fassino. E poi l’affondo: “Mi auguro lui possa continuare ad essere il nostro sindaco perché io e la mia mamma ci fidiamo molto di lui. Con Piero Fassino siamo in buone mani! Se potessi votare, al ballottaggio sceglierei FASSINO!”.
Sembra uno scherzo, una caricatura, una puntata cinica di qualche serie televisiva, un articolo di Lercio o uno sketch di Cetto Laqualunque. Invece è tutto vero e tutto firmato da una manager culturale che ha in charge dunque la formazione, l’indirizzo, la visione dei cittadini del capoluogo piemontese.

SUPERATO QUALSIASI LIMITE
Non è questo il luogo per smentire le dichiarazioni messe in bocca al giovane Riccardo (sarebbe troppo facile, infatti, invitarlo a farsi accompagnare una qualunque sera nel quartiere San Salvario, per capire in pochi minuti che una sedia a rotelle non potrebbe transitare da nessuna parte a causa dei veicoli parcheggiati ovunque: su strisce pedonali, sui marciapiedi, sui passi carrai… E la scena si ripete non solo nei quartieri della movida).
La questione è invece un’altra, e ricorrente: fin dove può spingersi un endorsement? Fino a dove può spingersi un personaggio pubblico? Fino a dove può arrivare una figura che rappresenta una istituzione culturale? Ribadiamo: vivaddio Maurizia Rebola non nasconde la propria complessa situazione familiare, e in questo dà prova di grande tenacia e civiltà, e per ciò si merita tutto il rispetto e il sostegno possibili. Ma qual è la logica che porta da ciò al selfie pro-Fassino, per bocca di un minorenne che purtroppo non può parlare?

NESSUNA GIUSTIFICAZIONE. E LA STAMPA TACE
E poiché di politica si parla, questo significa di converso che la sfidante del M5S, Chiara Appendino, ha nel proprio programma un attacco alle famiglie che al loro interno hanno una persona diversamente abile? Il programma è in effetti farraginoso, assai poco pragmatico e paurosamente destruens, ma non ci risulta contempli una versione sabauda della famigerata Aktion T4 nazista tale da giustificare arroccamenti fino a questo punto.
Ma probabilmente la signora Rebola ha ragione: zero polemiche, zero articoli, zero blog, zero prime pagine della stampa locale per una mossa che se fosse capitata a Milano o ancor più a Roma avrebbe non solo fatto divampare polemiche feroci, ma con ogni probabilità avrebbe costretto l’autrice alle dimissioni. Invece a Torino si può e tutti tacciono. I giornali, l’opinione pubblica e perfino la controparte politica.

-Marco Enrico Giacomelli

Aggiornamento: mentre scrivevamo questo articolo, La Stampa raccontava (finalmente) la medesima vicenda e, soprattutto, il post di cui si parla è stato rimosso dalla pagina Facebook di Maurizia Rebola. (m.e.g.)

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Marco Enrico Giacomelli

Marco Enrico Giacomelli

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Estetica, ha studiato filosofia alle Università di Torino, Paris 8 e Bologna. Ha collaborato all’"Abécédaire de Michel Foucault" (Mons-Paris 2004) e all’"Abécédaire de Jacques Derrida" (Mons-Paris 2007). Tra le sue pubblicazioni: "Ascendances et…

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