“Salvate il murale di Kentridge sul Lungotevere dalle bancarelle”. “Basta bagarini agli Uffizi”. Roma e Firenze non ci stanno

  Dopo aver calamitato l’attenzione locale ed estera, il grande murale sul Lungotevere capitolino di William Kentridge – Triumphs and Laments – torna al centro della scena, ma stavolta le note sono dolenti. Già parzialmente offuscato dalla presenza dell’ingombrante imbarcazione con a bordo gli sponsor del progetto, durante lo spettacolo inaugurale del 22 aprile scorso, […]

Dopo aver calamitato l’attenzione locale ed estera, il grande murale sul Lungotevere capitolino di William KentridgeTriumphs and Laments – torna al centro della scena, ma stavolta le note sono dolenti. Già parzialmente offuscato dalla presenza dell’ingombrante imbarcazione con a bordo gli sponsor del progetto, durante lo spettacolo inaugurale del 22 aprile scorso, il fregio dell’artista sudafricano è di nuovo a rischio “scomparsa”, sebbene temporanea. Stavolta la colpa sarebbe delle bancarelle allestite, come ogni anno, in occasione dell’Estate Romana, proprio in Piazza Tevere, l’area che si snoda da Ponte Mazzini a Ponte Sisto, sui cui muraglioni è impressa l’opera di Kentridge. Il coro di proteste non si è fatto attendere: gli artisti residenti a Trastevere hanno lanciato una petizione (mediante Change.org), chiedendo la tutela della zona e la sua salvaguardia come polo urbano dedicato alla cultura. Secondo quanto riportato da La Repubblica, sono già numerose le firme illustri che hanno sottoscritto l’appello, tra cui Achille Bonito Oliva, Silvana Bonfili e i registi Daniele Luchetti e Giuseppe Piccioni. I destinatari del messaggio di protesta sono chiaramente le istituzioni e il futuro sindaco della Capitale, chiamati a prendere una posizione in merito a un tema che fa già parlare di sé.
In realtà il problema dovrebbe essere più complesso. Considerare a priori il commercio ambulante come qualcosa di degradante è sbagliato (tra l’altro le autorizzazioni per queste manifestazioni durano anni e non si possono revocare pena beccarsi sonore condanne al TAR). Ma se lo si vuole fare allora le petizioni andavano fatte anche nel 2015, nel 2014, nel 2013 e così via perché le bancarelle ci sono da decenni e il valore paesaggistico dell’area, incrementato certo da Kentridge, è sempre stato altissimo. Dov’erano gli intellettuali? Forse, invece, la battaglia dovrebbe essere più costruttiva: immaginare bancarelle di diversa tipologia e di diversi materiali (ad oggi è proprio la Soprintendenza ad obbligare gli operatori a utilizzare una orripilante plasticaccia bianca; “non siamo a Bolzano” è la risposta che si vede opporre chi propone di servirsi del vetro o di materiali naturali) e soprattutto gestite da imprenditori finalmente degni di questo nome, magari a seguito di un vero bando di gara internazionale. Il ricavato potrebbe trasformare le banchine del fiume in una miniera d’oro (anche a beneficio delle attività in Piazza Tevere) laddove oggi sono solo una fonte di problemi.

IL CASO FIRENZE
Le rimostranze non si fermano a Roma. Da martedì 24 maggio nel piazzale degli Uffizi, a Firenze, risuonerà il messaggio registrato, in lingua italiana e inglese, da Eike Schmidt, il direttore della Galleria degli Uffizi. A intervalli regolari, Schmidt ricorderà ai tanti turisti e visitatori il prezzo del biglietto d’ingresso alla sede museale, rammentando la possibilità di ridurre i tempi di attesa effettuando la prenotazione dei titoli di accesso e i luoghi in cui acquistare legittimamente i biglietti. L’obiettivo? Mettere un freno al fenomeno del bagarinaggio, senza dimenticare la lotta agli scippatori. Un altro piccolo tassello a favore dei 20 neo-direttori nominati dal ministro Franceschini. Come dicemmo noi in tempi non sospetti: sono persone che, finalmente, non considerano il degrado come qualcosa di normale. Tutto il resto è conseguenza, in questo caso positiva.

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