Diciamo No a questa Quadriennale di Roma: non rispetta gli artisti, non investe nella ricerca. Montano le polemiche anche fra i curatori invitati
Eravamo convinti che le grandi novità – positive in termini generali, con qualche punto buio sul piano operativo – annunciate dalla Quadriennale di Roma per la prossima edizione avrebbero innescato un acceso dibattito. E invece il mondo dell’arte pare per ora rimanere alla finestra, forse per cercare di capire meglio come si definirà l’ampio progetto che come carattere qualificante […]
Eravamo convinti che le grandi novità – positive in termini generali, con qualche punto buio sul piano operativo – annunciate dalla Quadriennale di Roma per la prossima edizione avrebbero innescato un acceso dibattito. E invece il mondo dell’arte pare per ora rimanere alla finestra, forse per cercare di capire meglio come si definirà l’ampio progetto che come carattere qualificante vede il ritorno della rassegna nella storica sede del Palazzo delle Esposizioni.
In realtà, se non si traduce – ancora? – in prese di posizione pubbliche, fra gli addetti l’argomento tiene banco: e soprattutto tiene banco la call for project, con la quale la rassegna ha invitato 69 curatori italiani a presentare propri progetti, che poi una commissione valuterà scegliendone “una decina” per la mostra finale. A parte qualche schermaglia sulla selezione dei 69 candidati (perché qualcuno manca, e ci sono invece nomi improbabili? Chi ha guidato questa pre-selezione?), le crescenti polemiche si concentrano sulle modalità individuate e sui mezzi messi a disposizione dei futuri curatori scelti per allestire i propri progetti. Possibile che una grande rassegna come la Quadriennale non preveda di offrire agli artisti invitati il trasporto delle opere? Né rimborsi agli artisti per viaggio e alloggio? Possibile che non si preveda budget per la produzione di nessuna opera nuova?
Tutte condizioni che finiranno per influenzare le scelte dei curatori selezionati: fra i quali infatti non manca chi sale sulle barricate. Chi ha espresso chiaramente – e pubblicamente, sulla sua pagina Facebook – tutte le sue riserve è Antonia Alampi, curatrice formatasi a Berlino e da tempo di stanza in Egitto, che dice di trovare “un simile approccio incredibilmente assurdo. Non si copriranno costi di produzione per opere nuove, né trasporti (di opere d’arte o di qualsiasi materiale necessario per realizzarle), nessuna ricerca”. E annuncia il suo diniego all’invito a presentare un progetto, chiamando i colleghi ad imitarla…
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