Triennale anno zero: fotogallery dalla preview dalla mostra di Ian Cheng e Michael E. Smith che inaugura la stagione di Edoardo Bonaspetti come curatore dell’area arti visive dell’ente milanese

La nomina è arrivata a inizio settembre, sei mesi di lavoro e ora il battesimo del fuoco. Comincia alla Triennale di Milano l’era del papà di Mousse Edoardo Bonaspetti, indicato da qui al 2017 come curatore dell’area che l’istituzione dedica ad arti visive e nuovi media: ecco le immagini della prima mostra del nuovo corso, […]

La nomina è arrivata a inizio settembre, sei mesi di lavoro e ora il battesimo del fuoco. Comincia alla Triennale di Milano l’era del papà di Mousse Edoardo Bonaspetti, indicato da qui al 2017 come curatore dell’area che l’istituzione dedica ad arti visive e nuovi media: ecco le immagini della prima mostra del nuovo corso, con il debutto in uno spazio pubblico italiano per Ian Cheng e Michael E. Smith. Nomi freschi ma dai curricula già sontuosi, con il primo reduce dall’ultima Biennale di Lione e l’altro ospite nel 2012 di quella del Whitney; un’accoppiata che persegue, pur con linguaggi diversi, la medesima cronaca di un presente azzoppato nelle macerie del disfacimento e della sfiducia. Le opere di Smith arrivano a Milano grazie al contributo del CAPC di Bordeaux, per la curatela di Simone Menegoi e Alexis Vaillant; il site-specific digitale di Cheng nasce invece con l’apporto critico di Filipa Ramos: ulteriore garanzia di rigore scientifico e confortante afflato internazionale.
Bene il coraggio, bene le novità, bene la solidità del percorso critico; bene la serietà, bene lo sguardo di prospettiva e bene le connessioni con la scena internazionale. Bene, anzi benissimo, l’indagine di sentieri mai battuti prima in una Triennale che, con operazioni di questo genere, ribadisce la confusione di una Milano che a livello istituzionale (inteso come pubblico, l’Hangar non vale) manca di una kunsthalle vera e propria, in attesa si capisca quale sarà l’identità del PAC.
Cosa dunque non va? Le mostre, per quanto ineccepibili, non si fanno con i curricula ma con le opere: e né quelle di Cheng né quelle di Smith portate in Triennale fanno venire i brividi dalla meraviglia. E allora, sembra un paradosso ma non lo è, bene un’altra volta: perché questa mostra farà discutere e commentare, imbufalire o esaltare; spaccherà la platea in fazioni, partiti e partigiani. Farà parlare e argomentare. Ed è già un bel risultato, considerato il cimitero di eventi che nascono, vivono e muoiono senza lasciare traccia di sé…

– Francesco Sala


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Francesco Sala

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