A Roma il Macro a un metro dal baratro. Tra poche ore scadono tutti i contratti dei dipendenti esterni. E sul direttore non si diradano le nebbie

L’amministrazione capitolina sta implodendo e il ritiro del Decreto Salva Roma da parte dell’esecutivo capeggiato da Matteo Renzi può significare tante cose, compresa la volontà del primo ministro di affossare l’imperscrutabile esperienza di Ignazio Marino al Campidoglio costringendolo o alle dimissioni o ad un inevitabile commissariamento. Tutto ciò premesso, sta a noi il compito di […]

L’amministrazione capitolina sta implodendo e il ritiro del Decreto Salva Roma da parte dell’esecutivo capeggiato da Matteo Renzi può significare tante cose, compresa la volontà del primo ministro di affossare l’imperscrutabile esperienza di Ignazio Marino al Campidoglio costringendolo o alle dimissioni o ad un inevitabile commissariamento. Tutto ciò premesso, sta a noi il compito di non abbassare l’attenzione su questioni che vista la débacle generale potrebbero risultare meno urgenti, ma che invece stanno portando – parliamo del caso del Macro – alla dilapidazione di un patrimonio della capitale d’Italia e di tutto il paese.
Il museo diretto in passato da Danilo Eccher, Luca Massimo Barbero e Bartolomeo Pietromarchi è da mesi senza direttore e senza direzione. Non c’è una concreta prospettiva (al di là delle promesse, partite per lo meno dallo scorso ottobre, di un bando per individuare una nuova guida) per il futuro, salvo quella della fine dei contratti di collaborazione esterni. I contratti insomma di quella parte di personale del museo non nelle file dei dipendenti comunali, quella parte, insomma, che realmente manda avanti la macchina non potendo aspettarsi che il lavoro vero venga fatto dagli impiegati del Comune di Roma i quali, diciamo eufemisticamente, hanno altri pregi che non quelli dell’operatività, della disponibilità h24, della competenza specifica. Tutte cose indispensabili, tuttavia, per gestire un museo d’arte contemporanea che si confronta sul palcoscenico internazionale.
Il 28 febbraio i contratti a tempo determinato (firmati da Zetema, la quale a sua volta si avvia alla scadenza del proprio contratto di servizio, da rinnovare nell’ambito di una trattativa non facile con il Comune, che già ha anticipato la necessità di tagliare anche qui) scadono e, nelle more della legge Fornero e di altri arzigogoli giuslavoristici, non possono essere rinnovati come tali: o tempo indeterminato o niente. E dunque niente, visto che i soldi per il tempo indeterminato non ci sono. I dipendenti qualche giorno fa hanno incontrato il dott. Castagna, componente del Gabinetto del sindaco Ignazio Marino, e per la prima volta, dopo mesi, si sono sentiti dire che il Sindaco, fino ad oggi assente profondamente ingiustificato su questa partita, ha a cuore la faccenda e vuole in un modo o in un altro risolverla. È una notizia: almeno il primo cittadino conosce il problema. Le assicurazioni generiche di rito (“stiamo facendo di tutto per capire come tenervi”) ci sono state, lo si deve rammentare, ma per ora la sicurezza è solo che i contratti scadranno. E tanti professionisti, nel frattempo, troveranno collaborazioni altrove impoverendo irrimediabilmente il capitale umano dell’istituzione Macro.

Ignazio Marino

Ignazio Marino

Nel frattempo, in una situazione tra l’anarchia e l’abbandono, il lavorìo attorno al museo (con la fila di persone e personaggi che bussano alla porta dell’assessore Flavia Barca con proposte risolutive che tolgano le castagne dal fuoco) si fa intenso. Tanto intenso da far rischiare il posto anche ad un’autentica colonna del museo, la figura che, lato Comune ha seguito la genesi, la nascita e lo sviluppo da una dozzina di anni a questa parte: Tina Cannavacciuolo. Qualche giorno fa, infatti, il sovrintendente comunale (pure lui pro tempore perché anche la nomina del sovrintendente definitivo non è ancora avvenuta e non si sa quando avverrà, giusto per dire…) ha comandato un addetto della Sovrintendenza al Macro con gli stessi ruoli di coordinamento che sono sempre stati assolti dalla Cannavacciuolo. Dunque non abbiamo un direttore artistico che si occupi della programmazione (la pro tempore, anche qui, Alberta Campitelli, si sta giustamente sempre più disimpegnando), ma in compenso abbiamo due dirigenti comunali che dovrebbero affiancare e coadiuvare il direttore artistico che non c’è: finendo necessariamente per pestarsi i piedi. E se la presenza di questa new entry (Enrico Stassi – già capufficio della segreteria dell’ex sovrintendente Broccoli) dovesse disarcionare Tina Cannavacciuolo davvero a danno si assommerebbe beffa: museo senza direttore, museo senza personale, museo senza colonna vertebrale (tale è stata, a detta di tutti, la Cannavacciuolo in tutti questi anni).
Ma la soluzione geniale appare dietro l’angolo: potrebbe essere trovata, nei meandri della classe impiegatizia comunale, una “task force” (proprio così) interna da destinare al museo per sostituire i 15 dipendenti a tempo che sono scaduti. Già, peccato che tentativi del genere (fin dai tempi di Danilo Eccher direttore) sono stati fatti più volte senza riuscire a cavare un ragno dal buco: il dipendente comunale medio (poca visione, poca voglia di sacrificarsi, poco amore per l’istituzione in cui lavora e sguardo fisso all’orario in cui farsi cascare la penna) si attaglia poco bene ad un centro d’arte contemporanea dinamico, e le eccezioni sono poche. Pochissime. E comunque mai individuate. Si riuscirà a individuarle ora o si continuerà a mandare all’aria un lavoro ultra decennale infangando l’immagine del museo e facendo danni che da qui in avanti diventano anche difficili da riparare?

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Redazione

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