Sabato 12 Ottobre, ovviamente all’insaputa di tutti, Banksy ha montato un piccolo banchetto di opere in una delle zone più turistiche di Central Park e ha affidato le vendite a un signore di una certa età, fissando un prezzo politico di 60 dollari. Clienti? Pochissimi, tutti convinti che si trattasse di falsi. A portarsi a casa per pochi dollari quelli che erano invece degli originali (costosissimi), sono stati una donna – che è riuscita pure a beccarsi uno sconto! – e altre due persone appena. Guadagno complessivo per l’artista di soli 420 dollari, nonostante il suo stencil-icona “This is not a photo opportunity” che avrebbe dovuto fungere da indizio per i passanti più svegli.
Solo un paio di giorni prima l’iperattivo street artist si era misurato con un’altra folle performance: Farm Fresh Meats è un chiassoso camion pieno di peluche animati (per lo più animali da macello), che ha circolato per la città spaventando i passanti con i versi dei pupazzi-robot affacciati sulla strada.
E poi ancora una serie di azioni disseminate in lungo e in largo, alla velocità della luce: una pseudo citazione platonica a Greenpoint (Williamsburg), un’installazione completa di auto e crazy horses nel Lower East Side, un roditore che abbatte un cartello ad East NY, un confessionale nel cemento ancora a Manhattan e infine un lunedì (lo scorso 14 ottobre) cominciato con un pezzo nel Queens, che recita: “What we do in life echoes in Eternit…“, sostituendo l’originale Eternity finale con un polemico gioco d’assonanza: “Alcuni mi criticano per l’utilizzo di fonti un poco facili ( questa citazione per esempio è tratta da ‘ Il Gladiatore ‘)”, ha commentato Banksy, “ma sapete una cosa? ‘Sto solo utilizzando questa ostilità per rendermi più forte, non più debole’, come disse Kelly Rowland a X Factor“. Ironia da maestro sulla sua passione per le citazioni popolari: risposta perfetta alle critiche ricevute e abilmente parate.
– Diana Di Nuzzo