L’appuntamento era di quelli attesissimi: da una parte perchè al centro dell’attenzione c’era Claudia Gian Ferrari, mitica gallerista, mecenate e per decenni animatrice dell’ambiente artistico milanese. Dall’altra perchè ad allestire al Museo del 900 di Milano una mostra infarcita di capolavori – da Sironi a de Chirico, da Martini a Merz -, cercando la chiave […]
L'allestimento di Libeskind
L’appuntamento era di quelli attesissimi: da una parte perchè al centro dell’attenzione c’era Claudia Gian Ferrari, mitica gallerista, mecenate e per decenni animatrice dell’ambiente artistico milanese. Dall’altra perchè ad allestire al Museo del 900 di Milano una mostra infarcita di capolavori – da Sironi a de Chirico, da Martini a Merz -, cercando la chiave per strutturarla in spazi del tutto inadeguati, era stato chiamato un big come Daniel Libeskind. Ed il pubblico in effetti ha risposto numerosissimo, richiamato anche dall’altra esposizione che si inaugurava, dedicata a Olivetti e l’Arte Cinetica.
Quello che non ha risposto, è stata la mostra. Gli spazi al piano terra dell’ex Arengario sono oggettivamente piccoli, e gli artifici scenici ideati dall’archistar – un segno grafico forte, un taglio labirintico che vorrebbe dissimulare l’angustia di certi passaggi – non riescono a presentare al meglio la straordinaria collezione, relegando troppo spesso le opere in pochi metri quadrati, prive di respiro e di fruibilità. Se ci si aggiunge un “catalogo” che assomiglia più alla brossura di un supermercato che ad un volume d’arte, chi avesse conosciuto la fumantina Claudia potrebbe ben immaginare la sua furia, davanti ad un trattamento tanto sciatto. Giudicate voi, le immagini della gallery parlano chiaro…