Dopo i party, la parola passa all’arte. In Ukraina con Fondazione Izolyatsia e Galleria Continua, ecco foto e videointerviste del megaprogetto Where is the time?
Where is the time?, parte seconda. Vi portiamo nel cuore del progetto quinquennale che coinvolge la Fondazione Izolyatsia di Donestk e la Galleria Continua, con la nostra consueta fotogallery ed i videoracconti di alcuni degli artisti – Daniel Buren, Pascale Marthyne Tayou e Leadro Erlich – che vi hanno preso parte, con delle installazioni permanenti […]
Where is the time?, parte seconda. Vi portiamo nel cuore del progetto quinquennale che coinvolge la Fondazione Izolyatsia di Donestk e la Galleria Continua, con la nostra consueta fotogallery ed i videoracconti di alcuni degli artisti – Daniel Buren, Pascale Marthyne Tayou e Leadro Erlich – che vi hanno preso parte, con delle installazioni permanenti nel contesto postindustriale di una fabbrica, oggi adibita a luogo di produzione culturale, grazie alla volontà di Luba Michailova.
Il tour comincia con Buren, che interviene sugli edifici che costituiscono il complesso con le sue “porte” (21 doors = 21 colours) o ricreando delle architetture alternative (Colours in cages), scintillanti nel sole. Si prosegue con Erlich e le sue illusioni, tra storia e realtà. La superficie di una banca locale (Bank) si riflette in un grande specchio inclinato con una angolatura di 30 gradi. Gli spettatori, chiamati a stendersi sembrano quasi appesi alle finestre, in bilico, in quella che è la più grande crisi economica e sociale. E mentre passeggiano sui binari morti di un treno, sempre Erlich – alla sua prima prova sonora – darà a loro l’illusione (The invisible train) che un convoglio sia realmente in arrivo.
Marthyne Tayou celebra le donne ukraine, ma in generale l’universo femminile, con il suo Make up… Peace!, un rossetto di dimensioni monumentali che si erge dalla sommità di una ciminiera. Moataz Nasr (Tanoura) accoglie i visitatori simulando con degli ombrelli roteanti una danza di dervisci.
Kader Attia ci porta nei rifugi antiatomici con Ce n’est rien, e disegna l’installazione più piccola del mondo The more we know the smaller we are, un bullone in oro e argento che – guardandoci bene – in realtà è una moschea. Hans Op De Beeck, infine, proietta nel cinema della Fondazione Sea of Tranquillity, un percorso intimo tra alienazione e morte.
– Santa Nastro
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