Tutti sull’attenti, passa Monti. E pure gli architetti mettono i puntini sulle i. Con un appello sul Corriere della Sera

Chi di stampa ferisce, di stampa perisce. Attualizzato, ad una campagna politico-mediatica che demonizza indiscriminatamente – anche se spesso a ragione – categorie e ordini professionali, noi rispondiamo per le rime, e sempre sulla stampa. Questo il ragionamento degli architetti – nello specifico, di Roma e provincia -, che allo scopo hanno comprato una pagina […]

Chi di stampa ferisce, di stampa perisce. Attualizzato, ad una campagna politico-mediatica che demonizza indiscriminatamente – anche se spesso a ragione – categorie e ordini professionali, noi rispondiamo per le rime, e sempre sulla stampa. Questo il ragionamento degli architetti – nello specifico, di Roma e provincia -, che allo scopo hanno comprato una pagina del Corriere della Sera, spiattellandoci sopra il loro manifesto che parte dai massimi sistemi (“La storia millenaria delle nostre città e dei nostri borghi testimonia quanto sia importante la qualità e la bellezza dei luoghi in cui viviamo”), per poi tradire l’allarme per i paventati provvedimenti montiani.
Noi non chiediamo difese d’ufficio. Non ci interessano i privilegi di categoria. Il ‘protezionismo’ professionale – assicurano i firmatari -. Crediamo sia venuto il momento di riscrivere le regole. Di individuare il senso profondo della professione di Architetto, i meccanismi di accesso alla professione, i codici del lavoro”. Dinamiche sociali 2.0, si potrebbero definire: e non è detto che sia male, portare la contrattazione fra le categorie e la politica alla luce del sole è già un buon successo dei Professori. Anche se verso la fine compare un appello che sembra volerle riportare al buio, le dinamiche: “chiediamo alla politica un confronto. Non rinviabile”.
Ma la simpatica iniziativa – gli sarà pure costata parecchio, agli architetti! – tocca anche corde umane: “Noi vogliamo lavorare perché nel nostro paese si torni a ‘fare architettura’. Perché tanti professionisti possano insieme ricominciare a immaginare e realizzare città, piazze, giardini, uffici, scuole, mercati. E case. In cui sia piacevole vivere. Luoghi, in cui l’abitare sia sicuro”. Ecco, forse l’appello si poteva sintetizzare nelle prime tre parole di quest’ultimo stralcio: “Noi vogliamo lavorare…”.

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Redazione

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