Il professor Mario Monti ha l’incarico per formare il nuovo governo. Proviamo a indovinare il nome del Ministro della Cultura? Ma poi: cosa dovrebbe fare questo nuovo ministro?

Mario Monti, dopo aver accettato con riserva l’incarico di formare il nuovo esecutivo, lo ha dichiarato senza mezzi termini: tutti i nomi che sono girati nel totoministri sono frutto di “pura fantasia”. E in effetti i primissimi boatos, che davano per certa al Collegio Romano, sede del Ministero dei Beni Culturali, la figura di Enrico […]

Mario Monti, dopo aver accettato con riserva l’incarico di formare il nuovo esecutivo, lo ha dichiarato senza mezzi termini: tutti i nomi che sono girati nel totoministri sono frutto di “pura fantasia”. E in effetti i primissimi boatos, che davano per certa al Collegio Romano, sede del Ministero dei Beni Culturali, la figura di Enrico Letta sono stati clamorosamente smentiti. Pare infatti che il governo Monti sarà composto da soli tecnici e dunque Letta, esponente di spicco del Partito Democratico, è uscito di netto dai papabili.
Da un pisano (Letta è nato a Pisa 45 anni fa) si è passati però ad un altro “pisano” come stra-favorito per la strategica poltrona ministeriale. Salvatore Settis, per oltre un decennio direttore della Normale di Pisa, notissimo archeologo e storico dell’arte. Le probabilità di Settis sono da una parte avvantaggiate e dall’altra sfavorite dagli eventi. Avvantaggiate, in primis, dalla rinuncia di Paolo Baratta, presidente della Biennale riconfermato de facto dalla rinuncia di Giulio Malgara a prendere il suo posto, a concorrere per la poltrona. Baratta, intervistato a Venezia per conferme o smentite sul suo ruolo di probabile ministro, avrebbe dichiarato la sua volontà di restare a presiedere la fondazione lagunare; e non potrebbe fare altrimenti dopo essere riuscito nel difendere il suo incarico che sembrava fino a pochi giorni fa spacciato. Ma Settis potrebbe essere decisamente svantaggiato dalle sue ripetute prese di posizione contro il governo Berlusconi a partire dal 2008 attraverso numerosi editoriali ed interventi a mezzo stampa soprattutto contro la riforma dell’università. Si dà il caso che Alfano, uscendo dalle stanze presidenziali al Quirinale, abbia dichiarato che il Popolo delle Libertà è disposto a dare il suo appoggio ad un governo a patto che non contenga personalità che si sono spese in questi anni in funzione antigovernativa. Ed ecco che dunque un veto su Settis potrebbe arrivare.
C’è stato chi ha fatto il nome di Roberto Grossi, presidente di Federculture, fino ad oggi encomiabile nelle battaglie promosse e nella lucidità di programmi, che però solo in qualche caso sono riusciti a sfociare in risultati tangibili.
Ma al di là dei nomi quale ruolo potrebbe avere in un governo di “salvezza nazionale” che dovrà occuparsi soprattutto di economia, mercati e finanza, un ministero come quello del Collegio Romano? Beh, altroché ruolo marginale. L’anno e mezzo che ci auguriamo duri il governo Monti e le riforme radicali che ci auguriamo sia in grado di fare dovranno passare anche per una modernizzazione profonda del settore della cultura e del suo portato economico. Occorre considerare che il settore rappresenta la prima industria del paese con qualcosa di vicino al 15/17% di prodotto interno lordo; occorre considerare che il vuoto normativo lancinante (si pensi all’assenza di una legge quadro per l’arte contemporanea) impedisce a interi settori di svilupparsi e di generare ricchezza; occorre rendersi conto che lo sconfinato patrimonio demaniale va valorizzato e sviluppato senza consentire alle solite soprintendenze di bloccare qualsiasi processo; occorre immaginare come sviluppare l’ingresso dei privati nell’universo della cultura senza far passare la voglia con burocrazie bizantine. Insomma da fare ce n’è moltissimo, ecco perché è opportuno che Mario Monti non trascuri la pedina della cultura strategica oggi più che mai per contribuire alla ripartenza economica, morale, sociale del paese.

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