“In Italia? Gli artisti vogliono il riconoscimento senza dover lavorare”. Doppia intervista, doppio Germano Celant sul prossimo Artribune Magazine

“Gli artisti [italiani] vogliono il riconoscimento senza dover lavorare, fondamentalmente. Non comprendono che oggi è vitale muoversi, entrare nel mondo, confrontarsi col mondo. Gli artisti sono risucchiati da un meccanismo che da loro sopravvivenza, ma non li stimola ad uscire fuori. Noi viaggiavamo, io andavo in America con 50 dollari e dormivo per terra. Cattelan […]

Gli artisti [italiani] vogliono il riconoscimento senza dover lavorare, fondamentalmente. Non comprendono che oggi è vitale muoversi, entrare nel mondo, confrontarsi col mondo. Gli artisti sono risucchiati da un meccanismo che da loro sopravvivenza, ma non li stimola ad uscire fuori. Noi viaggiavamo, io andavo in America con 50 dollari e dormivo per terra. Cattelan ce la fa, perché vive le regole globali. Il problema è il rischio: rischiare con gli occhi al mondo, non solo rispetto a una piccola cerchia…”.
Qualcuno ha ironizzato sull’Italia artistica come “asilo geriatrico”, riferendosi al ritorno di fiamma e di schermaglie fra lui e l’eterno rivale/contraltare Achille Bonito Oliva? E Germano Celant risponde dedicando all’ambiente italiano queste sferzanti battute. Assieme a molte, molte altre: perché lui è ovviamente il personaggio del momento, con il grande progetto sull’Arte Povera appena varato in otto sedi museali, conteso e consultato dai media di mezzo mondo. Per cui Artribune Magazine doveva fare qualcosa di speciale: e allora per il prossimo numero in uscita a inizio novembre lo ha messo al centro di una doppia intervista, con Ludovico Pratesi a incalzarlo sugli esordi suoi e del movimento, Massimo Mattioli sulle mostre del 2011 e sull’attualità. E ne sono uscite delle belle, vedrete…

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Redazione

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