Tutti i miei scatti parlano di emozioni controllate. C’è sempre una giustapposizione tra il lato oscuro della vita e quello gioioso. Tra la luce e il buio. Il dolore e la felicità. La violenza e il misticismo. Il personale opposto alla dimensione socio-politica”. Così Shirin Neshat (Qazvin, Iran, 1957; vive a New York) descrive il proprio lavoro fotografico davanti alle telecamere del danese Louisiana Museum of Modern Art. L’artista iraniana, in questa breve ma densa intervista, tocca tutti i temi della sua ricerca: il rapporto tra Oriente e Occidente, la condizione femminile, la dialettica tra tradizione e modernità, il binomio pubblico-privato. In particolare, si sofferma sul ruolo delle donne nella società iraniana: “al contrario di quanto si pensa comunemente in Occidente”, racconta, “le donne musulmane sono estremamente forti, esplicite, combattive. A causa del velo che portano, vengono considerate passive e sottomesse, ma è l’esatto contrario. Durante la rivoluzione araba si potevano vedere moltissime donne che protestavano e lottavano in strada”.
Infine, tocca un tema oggi di estrema attualità (si pensi all’infuocato dibattito sul cosiddetto “burkini”), ossia quello dell’occultamento del corpo femminile. “Il velo crea un muro tra ciò che è privato e ciò che è pubblico. Ma ci permette anche di comprendere quanto possa essere espressivo il corpo quando è così controllato e limitato. Gli occhi o le mani che si intravedono da sotto al jilbaab possono essere potenti e comunicativi. Le donne dietro al velo diventano molto erotiche e seduttive, e nessun bikini potrebbe avere lo stesso potere.”

– Valentina Tanni

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Valentina Tanni è storica dell’arte, curatrice e docente; la sua ricerca è incentrata sul rapporto tra arte e tecnologia, con particolare attenzione alle culture del web. Insegna Digital Art al Politecnico di Milano e Culture Digitali alla Naba – Nuova Accademia di Belle Arti di Roma e Milano. Ha pubblicato “Random. Navigando contro mano, alla scoperta dell’arte in rete” (Link editions, 2011) e “Memestetica. Il settembre eterno dell’arte” (Nero, 2020).