Lontana dall’essere un mero omaggio alle più celebri opere di Henri Matisse (Le Cateau Cambresis, 1869 – Cimez, 1954) la rassegna presenta un taglio critico molto convincente, volto a ripercorre l’influsso di svariate culture figurative nel percorso di un artista ricettivo e dallo stile inconfondibile.
“L’educazione classica mi ha portato naturalmente a studiare i Maestri, ad assimilarli quanto più potevo […], poi vennero la conoscenza e l’influenza delle arti orientali”. Il gusto per l’ornamento trova terreno fertile già nella nativa Cateau Cambresis, polo dell’industria tessile della Francia settentrionale, e si consolida in occasione dei viaggi in Algeria (1906) e in Marocco (1910). Immancabile quindi il riferimento alle sinuose decorazioni di stoffe e tappeti che occupano spesso ampie porzioni dei quadri, come in Angolo di tavola (violette) (1903) e Calle, iris e mimosa (1913).

A Parigi, dove si trasferisce dal 1891, Matisse ha modo di misurarsi non solo con i grandi maestri e le collezioni di arte orientale del Louvre, ma anche con la bellezza primitiva delle statuette africane del Museo Etnografico. L’elaborazione di questa ricchezza di spunti lo coinvolge in uno studio incessante, indispensabile per giungere a forme essenziali – come rivela nella video-intervista in mostra. Dal pittore simbolista Gustave Moreau (suo maestro all’Ecole des Beaux-Arts di Parigi, tra il 1895 e il 1899) assimila l’idea di un colore che rispecchi l’interiorità, mentre la raffigurazione rimane legata al reale e non rinuncia a una cornice spaziale personale ma ben connotata.
La sezione dedicata alla ritrattistica mostra vari approdi: dall’atmosfera sottilmente esotica di Zohra sulla terrazza (1912-13) si passa al manifesto gusto tribale di Mademoiselle Yvonne Landsberg (1914). Nella ricerca di una definizione lineare del segno, l’artista si accosta con entusiasmo alle stampe giapponesi: le xilografie di Utagawa Hiroshige costituiscono un esempio della pregevole pulizia grafica così affascinante ai suoi occhi .

Interessante la sezione dedicata al contributo di Matisse alle scenografie e ai costumi per le Chant du Rossignol, prima opera teatrale di Igor Stravinskij, allestita presso la compagnia dei Balletti russi di Sergej Diaghilev; per l’occasione Matisse si reca a Londra. Ha così modo di trarre ulteriore ispirazione dall’osservazione delle collezioni d’arte orientale del Victoria and Albert Museum e del British Museum. Si tratta di un progetto di fusione delle arti: “;a scenografia […] poteva essere pensata come un quadro con dei colori in movimento. […] Bisogna che una grande sensazione domini tutti i colori che possono così danzare insieme senza demolire l’armonia del tutto”. È un precedente con cui sperimenta il lavoro su vasta scala, ripreso nella realizzazione dei papiers découpés (composizioni di carta ritagliata su ampie superfici) a cui si dedica dagli Anni Quaranta.
Giulia Andioni
Roma // fino al 21 giugno 2015
Henri Matisse – Arabesque
a cura di Ester Coen
Catalogo Skira
SCUDERIE DEL QUIRINALE
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