Il Novecento, secolo inquieto

Lucca Center of Contemporary Art, Lucca – fino al 22 giugno 2014. Una vasta selezione di opere del Novecento, per provare a suscitare dubbi e domande sull’evoluzione dell’arte dal secolo scorso a oggi. Una mostra che apre un dibattito, ma rischia di alimentare la confusione.

Sul ruolo dell’artista e sul suo rapporto con la società si discute da sempre, e ogni epoca ripropone il dibattito con nuovi punti di vista da considerare. A farlo questa volta è Inquieto Novecento, la mostra ospitata dal Lucca Center of Contemporary Art. Oltre settanta sono le opere esposte, firmate dagli artisti più celebri dell’ultimo secolo, protagonisti di una rottura con la tradizione e di una vera e propria decostruzione dell’arte. A cambiare sono le tecniche, i supporti e addirittura i titoli delle opere: non più frasi denotative, ma suggestioni poetiche, come Frammenti di Carla Accardi, ME20E di Victor Vasarely fino a Bi-sogni d’artista–(De)contestualizzazione, come Rudy Pulcinelli ha intitolato nel 2009 la sua installazione.
Le prime avvisaglie di mutamento si hanno nel 1895 con Nudo di bambina di Antonio Mancini, un’opera che ancora contiene in sé una raffigurazione tradizionale, ma viene resa su tela attraverso una pittura furiosa e irrequieta. Agli antipodi si pone l’opera Senza Titolo di Mario Sironi del 1957: qui l’artista gioca con la consistenza della pennellata creando effetti del tutto originali.

Mimmo Rotella, I luoghi dell'industria, 1987

Mimmo Rotella, I luoghi dell’industria, 1987

Di certo, le avanguardie artistiche dei primi decenni del Novecento hanno risentito dei clamorosi cambiamenti storici e culturali dell’epoca. Lo sconvolgimento che deriva dall’affermazione del relativismo prima e dalle Guerre Mondiali poi è totale e irreversibile e non può che riflettersi nel mondo dell’arte: il creativo appare ora del tutto disorientato e alla ricerca della strada giusta per comunicare ansie ed emozioni. Sperimentare, allora, sembra essere la soluzione. Una nuova estetica si afferma con Enrico Castellani e Agostino Bonalumi, nelle cui opere lo studio dello spazio e l’intenzione artistica prendono il sopravvento. Di grande interesse diventa anche l’uso di supporti originali: non più tela, ma legno bruciato, cartone, ricami sui tessuti. Appare immediato il passaggio alla sperimentazione pura, all’arte intesa come gioco, a metodi che esorcizzano la morte. È il caso dei teschi di Damien Hirst e della provocazione firmata Maurizio Cattelan: modi che riflettono in fondo la contraddittorietà della realtà contemporanea. E alle potenzialità dell’oggi si rifà anche Christian Balzano con E se fosse un equilibrio, un’opera che sembra riassumere l’intero percorso proposto dall’esposizione lucchese: arte e tecnologia si uniscono sotto un titolo poetico grazie a un paradosso del tempo e dello spazio che confonde e incuriosisce, provoca e diverte.

Guglielmo Achille Cavellini, Teatrino Fontana, 1970

Guglielmo Achille Cavellini, Teatrino Fontana, 1970

Un cammino interessante, dunque, quello che il Lu.C.C.A. ha provato a realizzare. Peccato, però, che se lo scopo iniziale era riaprire il dibattito sul ruolo dell’artista, ciò che lascia è perlopiù una grande confusione. La collocazione casuale di pannelli introduttivi, l’assenza di luci adatte e di un ordine cronologico che possa fungere da guida rischia di trasformare un viaggio potenzialmente entusiasmante in un calderone di interrogativi e potenziali incomprensioni sull’evoluzione dell’arte contemporanea.

Alessandra Vescio

Lucca // fino al 22 giugno 2014
Inquieto Novecento: Vedova, Vasarely, Christo, Cattelan, Hirst e la genesi del terzo millennio
Lu.C.C.A. – LUCCA CENTER OF CONTEMPORARY ART
Via della Fratta 36
0583 492180
[email protected]
www.luccamuseum.com

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Alessandra Vescio

Alessandra Vescio

Alessandra nasce nel 1989 sotto il segno dei Gemelli. Calabrese, si trasferisce a Pisa per motivi di studio, dove si laurea in Lettere moderne con una tesi su Umberto Saba. Prosegue gli studi in Lingua e Letteratura Italiana e nel…

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