Merano riflette Murano

Potrebbe sembrare un capitolo minore della veneziana “Glasstress”, ma la mostra ospitata in contemporanea da Kunst Meran/o Arte dimostra un carattere proprio. E pure qualche piacevole sorpresa. A Merano, fino all’8 settembre.

Partiamo dal versante critico: è chiaro che addurre la ragione di questa mostra a una mancata omonimia (Murano>) è un po’ poco. Se poi la lista dei partecipanti di Glasstress si distingue da sempre per il profondo eclettismo, questa “sorella minore” meranese non è da meno: anzi, nel numero più ridotto degli artisti coinvolti, sarà più facile individuare incompatibilità o azzardi curatoriali. E anche le dichiarazioni programmatiche di Adriano Berengo non aiutano a chiarire la faccenda: “Queste mostre non devono generare un futuro disposto linearmente lungo le direttrici che provengono dal passato. Piuttosto, mi auguro di aver creato un’apertura dove, attraverso le linee e il lavoro di tanti artisti diversi, avviene qualcosa che non è possibile calcolare in anticipo”. Messi da parte, insomma, i più luminosi scenari del moderno mecenatismo, le prospettive di questa mostra potrebbero infine esaurirsi in un cieco tiro al piccione. Ma – sia detto per inciso – queste malevole considerazioni maturano tutte senza aver visto la mostra.
E veniamo quindi al lato positivo. Perché date simili premesse, il lavoro di curatela si complica non poco. Senza dimenticare poi la particolare natura degli spazi di Kunst Meran, estremamente stimolanti ma anche assai difficili da “addomesticare”. Proprio per questo, il lavoro di Adriano Berengo e Valerio Dehò cattura passo dopo passo anche il visitatore più esigente.

La prima sala potrebbe indicare la soluzione più semplice: quella delle suggestioni cromatiche. Ma le successive non la confermano, e suggeriscono invece un sistema di rimandi incrociati tra elementi simbolici e morfologici, che vanno dalla forma della testa alla circolarità del globo o dell’ovulo, toccando poi l’immancabile elemento fallico e protuberanze di varia organicità, capaci infine di proliferare in intricate recinzioni o dentro freddi specchi. Il vetro rivela così la sua natura complessa e contraddittoria: non tanto negli accostamenti “azzeccati”, quanto in quelli più gustosamente improponibili. È questa (almeno in parte) l’apparizione del “salto quantico” così fiduciosamente ricercato da Berengo. E il merito è tutto degli artisti, che si muovono in libertà tra virtuosismi e sperimentazioni naïf.
Tra i risultati più sorprendenti, a fianco dei tanti grandi nomi, quelli dei due altoatesini Robert Pan e Aron Demetz: il secondo, soprattutto, abile a stabilire un dialogo con tutti gli estremi (concettuali, cristallini e biologici) dell’esposizione.

Simone Rebora

Merano // fino all’8 settembre 2013
Murano> a cura di Adriano Berengo e Valerio Dehò
artisti: Aldo Mondino, Antonio Riello, Aron Demetz, Bernardì Roig, Francesco Gennari, Fred Wilson, Jan Fabre, Jaume Plensa, Javier Perez, Koen Vanmechelen, Maria Roosen, Marya Kazoun, Michael Joo, Monica Bonvicini, Nabil Nahas, Oleg Kulik, Orlan, Pieke Bergmans, Pino Castagna, Robert Pan, Sergio Bovenga, Thomas Schutte, Ursula Von Rydingsvard, Vik Muniz
KUNST MERAN/O ARTE
Via Portici 163
0473 212643
[email protected]
www.kunstmeranoarte.org

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Simone Rebora

Simone Rebora

Laureatosi in Ingegneria Elettronica dopo una gioventù di stenti, Simone capisce che non è questa la sua strada: lascia Torino e si dedica con passione allo studio della letteratura. Novello bohémien, s’iscrive così alla Facoltà di Lettere a Firenze, si…

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