Harald Szeemann a Motown

Fino al 31 marzo, il Musem of Contemporary Arts di Detroit ospita l'omaggio a una delle mostre che più fecero discutere l'America di fine Anni Sessanta. “When Attitudes Become Form” di Harald Szeemann in versione Motown.

When Attitudes Became Form Become Attitudes è un naturale prolungamento, una metaforica continuazione, curata da Jens Hoffmann, di una mostra nata nel 1969, When Attitudes Become Form, ideata e realizzata a Berna da Harald  Szeemann. Allora si trattava di osservare l’opera a prescindere dal contorno, senza tener conto della storia dell’artista e delle sue origini. L’opera esisteva da sola, nient’altro che “qui e ora”, concetto denunciato fin dal titolo: Live in your head. When Attitudes Become Form. C’è quello che il pubblico vede, e, soprattutto, c’è la personale attitudine dell’artista che diventa forma, un’idea che prende vita. Questo principio non è tradito nemmeno oggi, vengono solo introdotte parole nuove che si mescolano con le antiche: Life in your head. When Attitudes Became Form Become Attitudes.
Nel ’69 ottantadue artisti di tutto il mondo si riunirono attorno a Szeemann creando opere che fecero discutere e che resero la mostra estremamente chiacchierata, analizzata e criticata, molto criticata. La rassegna, che col suo fine provocatorio non era pensata per fornire definizioni e risposte, ma per suscitare domande e dubbi, riuniva molte tendenze che avevano visto la luce negli anni precedenti e che oggi conosciamo come Land Art, Post-Minimalismo, Arte Povera e Concettuale. When Attitudes Become Form annoverava nomi del calibro di Richard Serra e Mario Merz. Szeemann li lasciò totalmente liberi di esprimersi senza imporre loro limiti, ma creando un terreno di scambio e dialogo in cui il curatore si confrontava con l’artista e viceversa, affinché le attitudini prendessero forma.

Anche nella nuova “edizione” Jens Hoffmann ha cercato di ricreare tale atmosfera, lasciando che fossero gli artisti ad avere l’ultima parola sulle sorti dell’esposizione. Il catalogo, dello stesso formato e fattura di quello del ’69, è uno strumento di grande importanza, vademecum per la lettura delle opere. Una buona trovata, che pone nuovamente l’accento sui pensieri, i concetti, le attitudini. Purtroppo per materiale e confezionamento non è molto resistente e quindi veramente poco adatto a essere sfogliato.
All’ingresso, un plastico che ripropone gli ambienti della mostra alla Kunsthalle Bern, alcune fotografie e un filmato originali. Successivamente, nella totale libertà che anche Hoffmann ha voluto lasciare agli artisti, sembra faticoso, di primo acchito, trovare un senso, un filo conduttore. Unico conforto pare essere una corda, opera dell’americano Thomas Hank Willis, che si snoda lungo il museo indicando il percorso. La corda però termina in un cappio, svelando il suo reale significato di monito, a ricordare la storia delle violenze razziali negli Stati Uniti. In questo lavoro Willis cita Two spaces rope sculputure di Barry Flanagan, presente nell’esposizione del ’69, senza il macabro finale.
Tutte le successive opere presenti sono tenute insieme dalla provocatoria rappresentazione del tempo in cui viviamo, dei regimi di cui ci liberiamo, dello smog che respiriamo, delle armi con cui ci difendiamo, dei libri che leggiamo. Life in your head: guardare l’opera, pensare al suo significato.

When Attitudes Became Form Become Attitudes - Claire Fontaine, Untitled (Suspended Battering Ram), 2011

When Attitudes Became Form Become Attitudes – Claire Fontaine, Untitled (Suspended Battering Ram), 2011

Claire Fontaine mette nel bel mezzo di una stanza un ariete, spesso usato dalla polizia per sfondare le porte. L’attrezzo sta lì, sospeso nel vuoto, in una carica cinetica che sembra dover sfociare in un liberatorio, violento e improvviso attacco. Opere di più immediata comprensione, come quelle di Batniji Taysir, portano immediatamente il pensiero al conflitto israelo-palestinese: l’artista, palestinese in esilio dal 2006, fotografa resti di edifici caduti sotto le bombe nella Striscia di Gaza, e ne fa stampe come fossero annunci immobiliari, incanalando la sua rabbia e frustrazione in una neutralissima pubblicità commerciale.
When Attitudes Became Form Become Attitudes guarda continuamente alla mostra del ’69, cercando di individuare concetti e pensieri che perdurano tutt’oggi e dai quali Hoffmann è partito per curare l’esposizione. La volontà, racconta Hoffmann, era quella di analizzare un periodo storico, di capire come mai una mostra suscitasse e susciti ancora così tante domande e interesse.
Il rapporto tra passato e presente è tangibile. Il dialogo tra il 1969 e il 2013 è serrato e vivace, poco importano le distinzioni di tempo. Il passato permea il presente senza barriere, in un continuo fluire e costante rimando.
When Attitudes Became Form Become Attitudes è una mostra itinerante, come la sua antenata: al MoCAD arriva dal CCA Wattis Institute for Contemporary Arts di San Francisco.

Giulia Cirlini

Detroit // fino al 31 marzo 2013
When Attitudes Became Form Become Attitudes
a cura di Jens Hoffmann
MOCAD
4454 Woodward Avenue
+1 (0)313 8326622
[email protected]
www.mocadetroit.org

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Giulia Cirlini

Giulia Cirlini

Giulia Cirlini, nata a Reggio Emilia, ha studiato a Firenze Lingue e Letterature Straniere, anche se avrebbe voluto fare altro...tuttavia si è laureata nel 2011 con una tesi sulla nascita e l’evoluzione della scrittura cinese. Da sempre ama il cinema,…

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