Le donne di Fluxus. Ribelli, esplosive e sognatrici

È passato mezzo secolo: cinquant’anni di performance, eventi dissacranti, processi creativi tangenti alla musica e alla danza. Un gruppo di donne riconosciute come artiste, protagoniste di un movimento liquido e democratico, corporeo e immateriale. A Reggio Emilia, negli spazi di Palazzo Magnani, fino al 10 febbraio.

Negli anni Sessanta (e oltre), a Reggio Emilia si trovava Rosanna Chiessi, organizzatrice di eventi che, con la sua casa editrice Pari&Dispari, seppe radunare uno dei più consistenti poli di un gruppo di artisti stranieri i quali, a Cavriago e dintorni, sconvolsero la piccola realtà di provincia con performance e opere all’insegna di “Tutto è arte”. Nato a Wiesbaden nel 1962, in questo 2012 Fluxus compie cinquant’anni, e per una fortunata circostanza si celebra ora anche il centenario della nascita di John Cage, musicista che molto ha dato alla poetica (anzi, antipoetica) degli artisti, dei danzatori e dei performer.
La mostra a Palazzo Magnani presenta al pubblico oltre duecento opere, molte delle quali prodotte dalle donne di Fluxus, da Yoko Ono a Charlotte Moorman, da Alison Knowles a Shigeko Kubota fino a Carolee Schneemann, valorizzando al contempo due archivi che conservano la memoria e le testimonianze materiali del movimento: quello di Rosanna Chiessi appunto e l’altrettanto consistente Archivio Bonotto. Un allestimento che, oltre ai lavori veri e propri, espone le tracce degli eventi, dei concerti tanto dissacranti quanto divertenti, in un percorso che vede affiancati spartiti, riprese video, fotografie, dischi, oggetti neodadaisti, documenti cartacei, Fluxus Yearboxes e tutto quanto può richiamare e rimandare alle serate Fluxus.

In un panorama di “rivoluzioni”, Fluxus si pone come movimento democratico, basato su alcune linee guida stese da George Maciunas – il cui manifesto apre la mostra – dove spicca il senso del collettivo, la contestazione della mercificazione dell’arte e soprattutto il carattere sperimentale delle idee e delle produzioni, un carattere sperimentale che si è adattato perfettamente al femminismo degli anni Sessanta e ha permesso di dare ampio spazio, per la prima volta in modo così dirompente, proprio al femminile, in tutte le sue forme. Militanza e critica sessuale sono al centro di molte performance delle artiste Fluxus, diventando emblemi e icone di una lotta sociale, come è accaduto per il celebre Human Cello, concerto del 1965 di Nam June Paik e Charlotte Moorman che scandalizzò il mondo intero.
Le esperienze Fluxus femminili si connotano proprio per la capacità di trascendere la dimensione strettamente estetica e coinvolgere l’ambito sociale e politico, palcoscenico reale del cambiamento” (dal testo in catalogo). Corpo e nudità quindi, ma anche gesti e oggetti quotidiani, “non-arte” e azioni estreme ma anche istruzioni per creare eventi come quelle composte da Yoko Ono: “Dipinto per il vento. Fa’ un buco in un sacco pieno di semi di qualunque tipo e metti il sacco dove soffia il vento” (1961).

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Nam June Paik e Charlotte Moorman, Human Cello. John Cage’s “26’1.1499” for a String Player 1965, Performance realised at Café au Go Go, New York, 1965, © photo by P. Moore, Edited by Pari Editori & Dispari, Cavriago, 1984

L’esposizione di Reggio Emilia ricostruisce quindi, mediante una chiave di lettura prettamente femminile, un’esperienza alla base di gran parte dell’arte contemporanea, un tentativo di rivoluzione che ha dato i suoi frutti per molti decenni, in un’innovativa concezione delle opere e delle azioni creative.

Marta Santacatterina

Reggio Emilia // fino al 10 febbraio 2013
Women in Fluxus & Other Experimental Tales
a cura di Elena Zanichelli
Catalogo Skira
PALAZZO MAGNANI
Corso Garibaldi 29
0522 454437
[email protected]
www.palazzomagnani.it 

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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