Se l’antropologia è un’arte povera

Raccontare usi e costumi di un territorio sconosciuto ai più è un’operazione antropologicamente interessante. E potenzialmente affine all’arte. Eppure qualcosa non torna. Said Atabekov arriva a Milano negli spazi di Impronte. Fino al 18 febbraio.

Di per sé la contaminazione dei saperi non è mai un limite: se usate con intelligenza, le diverse conoscenze si sostengono e aiutano a vicenda. Dunque, il tentativo di Said Atabekov (Bes Terek, 1965) di lanciarsi in un’indagine antropologica delle popolazioni del Kazakistan con occhio d’artista potrebbe funzionare: la levità della fotografia e del cinema possono ben raccontare quel mondo di steppe aride, evidenziandone le usanze, i costumi, le tradizioni.
Ma guardando quelle bandiere nazionali ricamate sui tessuti locali, oppure osservando un video – maliziosamente concettuale – in cui alcuni personaggi compongono il tappeto di feltro che troviamo, guarda caso, proprio sotto la stessa proiezione, viene subito in mente la produzione povera del nostro Alighiero Boetti, folgorato dall’Afghanistan e dalla sua cultura.

Max Mutarelli

Milano // fino al 18 febbraio 2012
Said Atabekov – The Dream of Gengis Khan
IMPRONTE CONTEMPORARY ART
Via Montevideo 11
02 48008983
[email protected]
www.impronteart.com


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Max Mutarelli

Max Mutarelli

Massimiano Mutarelli nasce nella primavera del 1977 a Lambrate, quartiere storico di Milano. A vent’anni, con l’iscrizione all’Accademia di Brera, corona il sogno di poter entrare nel magico mondo dell’Arte. In realtà è un periodo turbolento, sospeso fra gli esami…

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