
Bei tempi andati, gli anni ’60. Forse irripetibili, di sicuro lontani dall’odierno sperimentalismo individualistico dell’arte. Nell’aggettivo ‘irripetibili’, che connota gli anni ’60 nel titolo della mostra allestita a Palazzo Cipolla dalla Fondazione Roma Museo e curata da Luca Massimo Barbero, c’è un moto di nostalgia per un decennio lungo che ha visto lo sprigionamento dell’immensa creatività italiana, in linea con i potenti spiriti animali del miracolo economico.
Ma è anche contenuto lo spunto per una riflessione sull’oggi. Quello che infatti tradiscono gli esperimenti, le provocazioni, le dissacrazioni degli artisti in mostra (tra cui Fontana, Manzoni, Castellani, Rotella e Schifano) è la volontà comune di rivoluzionare l’arte, ricercando, ad esempio, la purezza del monocromo, capovolgendo il processo di fruizione estetica da top down a bottom up, sottoponendo a critica spietata la cultura di massa. Ma sempre restando all’interno di un sistema organico e di rete: non solo italiana, ma internazionale.

La mostra – simile a un museo della scienza e della tecnica artistica per l’alto tasso di ingegno che custodisce – sancisce una joint venture culturale tra Roma e Milano, all’epoca piazze di fervido scambio con la New York di Warhol o l’Inghilterra di Hockney e Hamilton. Movimenti come il New Dada o la Pop Art hanno le loro “filiali” nelle più vivaci capitali dell’arte, e l’Italia, dai fasti del primo Novecento, si riscopre all’avanguardia mondiale.
Eppure non è tanto nell’evocazione dell’attuale marginalità italiana la possibilità di un confronto col presente. Man Ray e Duchamp, presenze non ingombranti nel percorso espositivo, risaltano come dei “primus inter pares” in un’officina globale votata all’innovazione, dove si sperimentano materiali di tutti i tipi in una tensione comune a scoprire e condividere i risultati.

Il fermento intellettuale del sistema della creatività degli anni ’60 coagula attorno alle gallerie d’arte, come l’Azimut di Manzoni e Castellani o il fondamentale Studio Marconi di Milano (che vanta nel percorso una corposa rappresentanza con artisti quali Enrico Baj, Emilio Tadini, Valerio Adami, Lucio Del Pezzo, Gio e Arnaldo Pomodoro): veri cenacoli, prima che punti di distribuzione.
La mostra, con un velo di nostalgia, rivela ed esalta tutto questo. E chi è troppo giovane per ricordare, esce comunque con l’impressione che gli anni ’60 siano davvero irripetibili, sorretti da una mission di cui oggi, non solo in Italia, si stenta a vedere traccia.
Marco D’Egidio
Roma // fino al 31 luglio 2011
Gli irripetibili anni ’60. Un dialogo tra Roma e Milano
a cura di Luca Massimo Barbero
Catalogo Skira
www.fondazioneromamuseo.it