
Come può l’Intelligenza Artificiale dialogare con la sfera culturale e la creatività artistica? Quali scenari futuri ci aspettano? Come possono artisti, scrittori, registi, confrontarsi con le possibilità che la tecnologia offre? Ne abbiamo parlato con nove artisti, curatori, esperti e docenti.

Francesco D’Isa, artista, filosofo e docente
Le IA presentano diverse criticità, ma quelle legate alla creatività sono sovrastimate. Come stampa, fotografia, CGI e altre innovazioni tecniche forniscono nuovi strumenti ai creativi. L’idea che “facciano tutto da sole” è un luogo comune smentito dall’uso concreto: la storia ci insegna che ogni nuova tecnologia ha inizialmente generato timori identici, come in ogni media panic. I veri problemi sono altrove, ad esempio nella dipendenza da aziende che non rilasciano la tecnologia in modo trasparente: stabiliscono limiti e lasciano poco margine di modifica. Le soluzioni open source offrono maggiore flessibilità, ma sono ancora complesse da usare e creano un “gatekeeping” tecnico. In futuro, è prevedibile che vedremo numerosi esperimenti artistici molto interessanti. Il resto invece è più una speranza e un invito: uniamoci per pretendere IA libere e accessibili a tutti, perché se i dati sono di tutti, anche i risultati almeno in parte dovrebbero esserlo.

Angela Memola, Responsabile Arte e Patrimonio Artistico – CUBO, Museo d’impresa Gruppo Unipol
Le tecnologie digitali permeano ogni aspetto della cultura che è connessa alla società. Le IA sono invenzioni umane e richiedono competenze specifiche. L’artista che le impiega deve possedere un solido bagaglio di culture visuali e di abilità tecnologiche.
Il contributo umano, talento e creatività sono essenziali, più di quanto una critica superficiale suggerisca sull’arte digitale. Tra le molteplici opportunità, un rischio per gli artisti è delegare eccessivamente alle IA, dimenticando il ruolo di co-creatori mentre un pericolo universale è l’uso manipolatorio delle tecnologie. Per questo è fondamentale l’educazione artistica, affinché gli artisti orientino la nostra percezione verso la comprensione dell’artificiale, esplorando la soglia tra reale e virtuale e avvicinandoci alle estetiche dell’IA. Come per ogni progresso, sono necessarie scuole dedicate, poiché competenze e conoscenze generano consapevolezza.

Serena Tabacchi, curatrice
Un tempo l’ispirazione si cercava tra libri e pagine web, inseguendo frammenti di senso dispersi nel tempo. Oggi, l’IA accelera ciò che era lento: ci accompagna nella ricerca, amplifica intuizioni, svela connessioni inattese. Ma non crea, non sogna. È uno specchio cieco, riflette ciò che riceve. Alcuni la trattano come un’artista, una coscienza curiosa che osserva il mondo con occhi nuovi. Forse è solo il nostro desiderio di meraviglia. Io credo nel potenziale delle tecnologie, ma anche nella responsabilità di ciò che alimenta i nostri strumenti. Se il dataset è distorto, la visione sarà fragile. La vera sfida? Un algoritmo libero, non più proprietario. Solo allora l’arte generativa potrà davvero sorprenderci.

Francesco Jodice, artista
La IA diviene indispensabilmente un ulteriore strumento e codice nella grande scatola dei giocattoli dell’artista. Nel campo delle arti contemporanee non vedo problemi o traumi: gli artisti sono sempre irragionevolmente consapevoli e in grado di piegare l’Intelligenza Artificiale secondo i propri capricci come fanno, ad esempio, con la pittura da circa 40mila anni. Per gli amanti degli eufemismi direi che ci attendono tempi interessanti. Ad esempio, sappiamo che l’esercito israeliano (Israel Defence Force, IDF) si è servito dell’intelligenza artificiale di Microsoft durante l’attuale guerra di Gaza. Lo rivelano documenti riservati del Ministero della Difesa di Tel Aviv e della filiale israeliana della multinazionale statunitense d’informatica fondata da Gates. Se qualcuno, come me, è perplesso sulla possibilità che nei nostri futuri la IA possa essere anche utilizzata per pratiche sconvenienti quali i genocidi, allora per sollievo parziale vi rammento dello splendido aforisma di Ennio Flaiano: “coraggio, il meglio è passato!”.

Luna Bianchi, co-CEO & co-fondatrice Immanence
Come in altri momenti storici densi e incerti, credo che oggi l’arte abbia il compito di offrirci uno spazio per esplorare e prototipare il futuro. Il dialogo tra arte e IA rappresenta uno dei luoghi più fertili dove sperimentare nuove forme di relazione umano-macchina. L’IA —priva di esperienza del mondo — diventa strumento per ampliare la mappa mentale umana (“the map is not the territory”, Korzybsky) e ci costringe a ripensare i paradigmi stessi di creatività e autorialità. Riconoscere all’arte questa funzione di “traduttrice sociale” significa darle un ruolo strutturale nella negoziazione del nostro futuro, significa che anche le questioni più spinose – proprietà intellettuale, omologazione culturale, democratizzazione degli strumenti creativi – possono essere affrontate come parte di un ripensamento complessivo dei valori sociali. La vera sfida di oggi è orientare — in modo collettivo e consapevole — questa co-evoluzione: quali interessi, quali tecnologie, quali diritti e quali forme artistiche vogliamo che guidino la nostra società?

Simone Arcagni, Professore di Media e Cultura Digitali, Università IULM
Inciderà soprattutto nella fase produttiva… dell’immagine, del video, della parola. Rivoluzionerà il sistema produttivo editoriale in tutte le sue sfaccettature. Si tratterà sempre di più di “infrastrutture” (la somma di “agenti” o di “multiagenti”) in grado di ottimizzare alcune fasi dei lavori creativi. Mentre dal punto di vista più creativo, non solo è in grado di offrire strumenti per alimentare nuovi mondi e immaginari, ma permetterà anche la costruzione di nuove metafore. Per gli scenari futuri, vedo molta omologazione e la creazione di standard medi che vengono processati e ottimizzati in serie. Da una parte. Dall’altra si affineranno canali, luoghi e piattaforme in grado di proporre ricerche originali, progetti nuovi. Per quanto riguarda i creativi, devono sapere che hanno a che fare con una sorta di infrastruttura complessa che richiede un dialogo serrato. Un vero e proprio organismo artificiale con cui entrare in “simbiosi”. Non c’è scampo! Bisogna intraprendere un corpo a corpo creativo, anche conflittuale, con i sistemi così da personalizzarli e orientarli. In secondo luogo, interrogarsi sulle funzioni delle tecnologie che si adoperano piuttosto che sulla loro “tecnicità”.

Chiara Canali, curatrice e critica d’arte
L’Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando molti settori, compresi quello della cultura e dell’arte. La sua capacità di elaborare e analizzare grandi quantità di dati, riconoscere pattern e generare contenuti apre nuove possibilità di dialogo tra la macchina e la creatività. Tuttavia, l’artista non è solamente un raffinato scrittore di prompt o un abile esecutore di algoritmi, ma è un vero e proprio ricercatore che esplora e manipola la tecnologia in modo critico e personale, dando forma a visioni ed emozioni uniche. In questo senso è fondamentale il ruolo attivo dell’artista, che attraverso scelte intenzionali e consapevoli definisce la propria pratica e il rapporto con il pubblico. Le principali criticità che individuo non riguardano l’autorialità, sempre presente in un lavoro autentico, ma piuttosto le implicazioni etiche che emergono quando gli strumenti di IA vengono impiegati non per scopi artistici, letterari o teatrali, ma per fini documentativi o commerciali, rischiando di fuorviare e ingannare il fruitore.

Claudio Musso, critico d’arte e docente Politecnico delle Arti di Bergamo
Quante e quali forme di intelligenza artificiale conosciamo oggi? Per provare a rispondere a questa domanda apparentemente innocua si potrebbe partire da una considerazione linguistica, ovvero cercare di perimetrare l’area semantica del termine IA. Ecco che la questione diventa immediatamente complessa. Spesso, mi pare, si tenda a utilizzare questa definizione laddove si intravede una sorta di processo di apprendimento della “macchina” (del programma, del software, della app, dell’algoritmo). A proposito, trovo stimolanti le azioni artistiche che si interrogano sulle modalità e sui significati di questo apprendimento (o dovremmo chiamarlo apprendistato? Addestramento?) sottoponendo di conseguenza anche il proprio operare “umano” a una forma continua di riflessione basata sul dialogo, sullo scambio, sul confronto reciproco. La fantascienza ha prodotto e continua a generare un immenso caleidoscopio di scenari distopici in cui sostanzialmente abbiamo l’imbarazzo della scelta sul finale tragico: IA Vs Umanità. Il compito sempre più arduo è quello di influenzare la trama già scritta (da umani) per offrire ipotesi alternative (magari con l’ausilio di IA).

Deborah Hirsch, artista
All’interno di una pratica artistica, l’intelligenza artificiale acquista senso quando si integra con il percorso, la visione e la poetica dell’artista. Più che un semplice medium, l’IA rappresenta un’infrastruttura su cui innestare dinamiche critiche complesse. Quando l’artista lavora con modelli, dataset, e codice, esercita un controllo consapevole, condizionato dalla natura statistico-inferenziale dell’algoritmo. È proprio in questa frontiera della non-linearità che emergono esiti alle volte inaspettati e significativi. Quanto più l’artista sviluppa un’intimità con l’algoritmo di machine-learning, tanto più i suoi lavori risulteranno superiori per coerenza con il suo linguaggio. Affrontare l’IA con una poetica propria consente di non esserne plasmati, ma di generare esiti potenzialmente infiniti, che riflettono una molteplicità di riferimenti legati all’esperienza personale, alle influenze culturali, al proprio immaginario, archivio e lessico.
Santa Nastro
Libri consigliati:
(Grazie all’affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti)
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati