Il Giardino di Maresa. L’artista Mariagrazia Pontorno e il suo primo NFT

L’artista, da sempre interessata alle nuove tecnologie, racconta in prima persona la propria esperienza con la famigerata cryptoarte, in relazione ad un’opera del 2007.

Si ha l’impressione che le cose esistano nel momento in cui vengono alla luce, ma per lungo tempo hanno lavorato sottotraccia e in silenzio. È accaduto con la pandemia, con Clubhouse e con gli NFT (Non Fungible Token) e con una mia opera del 2007, Il Giardino di Maresa. Una connessione a prima vista audace, ma di fatto la reclusione forzata di questo ultimo anno ha incentivato nuove pratiche e per reazione nuovi social. Il rigetto per le video call a tutte le ore ha determinato la necessità di ritagliare una dimensione privata nella propria casa, divenuta spazio pubblico e di lavoro. Ed ecco il social della voce, Clubhouse, dove valgono i contenuti, i dialoghi, i discorsi, l’intimità della parola. 

Il Giardino di Maresa. L'artista Mariagrazia Pontorno e il suo primo NFT

Il Giardino di Maresa. L’artista Mariagrazia Pontorno e il suo primo NFT

IL GIARDINO DI MARESA: UN AFFRESCO DIGITALE 

Per quanto mi riguarda ho approfondito qui, seguendo room su room, il tema degli NFT e della Cryptoart. Innestando, in un discorso che poteva sembrare prettamente finanziario, questioni teoretiche, relative allo statuto dell’opera digitale, a partire dalla celebre dissertazione che fa Walter Benjamin di copia, originale e Aura. Ecco, questa parola, Aura, risuona dentro me sin dalla lettura dell’Opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, scegliendo, nel 2003, di farne la mia tesi laurea parafrasando il titolo in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità digitale, seguita da Alberto Abruzzese, Silvia Bordini e Valerio Eletti. Nel 1935, quando Benjamin scrisse il suo saggio, e per tanti decenni ancora, la distinzione tra originale e riproduzione fotografica era palese, e così anche il potere magnetico dell’unicità di un’opera, l’Aura appunto. Col digitale la questione si complica. Il codice binario che sottende l’immagine di sintesi infatti annulla ogni distinzione, né copie, né originali. In questo scenario, nel 2007, realizzavo Il Giardino di Maresa un affresco digitale e virtuale, un giardino di sintesi, per sempre fiorito e verde. In cui soffia un vento artificiale che fa rabbrividire le foglie e in cui il loop consegna l’immagine a una eterna primavera che nega sfiorire, declino e morte. In questo giardino -come l’imperatrice Livia che tanti secoli prima aveva chiesto di dipingere le pareti ipogee della sua villa per immaginarsi immersa nella vegetazione- mi sentivo sicura e padrona di un universo tutto mio, in cui nulla è transitorio e tutto è in piena fioritura. Il 3D è un mondo alieno che, però, segue le leggi interne della fisica, il settaggio del vento, ad esempio, può determinare una brezza o un uragano che sradica gli alberi (ma questa è un’altra storia, e un’altra opera). 

UN’OPERA DEL 2007 CHE DIVENTA NFT

Adagiare i miei pensieri dentro un hortus conclusus circoscritto dalla serena limpidezza del numero, mi permetteva di trasportare nei miei giardini virtuali frammenti preziosi di vita vissuta, come la visita al giardino di Maresa del Bufalo, una collezione strepitosa di rose disposte nello spazio dalla sapienza di una delle prime donne architetto del paesaggio in Italia. Insomma, capitava pure che nel mio giardino, durante le mostre, ricevessi le amiche. Come in Arabia Saudita, con Sabina Mirri. Io andavo a trovare i suoi pastelli di succulente, e lei ricambiava venendo a prendersi il fresco all’ombra dei miei rami digitali. Il Giardino di Maresa è il lavoro in cui senza averne coscienza mentre lo costruivo – lo dico adesso dopo tanti anni – ho concentrato l’amato pathosformel warburghiano sotto forma di vento e vegetazione, e il perturbante che tutti ci portiamo dentro, come sgomento di fronte all’impossibilità di avere familiarità con la realtà che ci sta intorno. E tutto questo si incarna nel 3D, che ne è metafora. Ciò che appare vero si dimostra finto, costruito, dai nostri stessi pensieri. Dal potere di astrazione della nostra mente, in grado di creare mondi, sempre più lontani da quello che definiamo naturale, ma che ci appartengono, perché l’artificiale è naturale. Ed eccoci alla fine di questa parabola, l’NFT appunto. La possibilità di donare al Giardino di Maresa l’unicità attraverso la blockchain, in un passaggio spericolato dall’etereo del digitale all’Ethereum, la cryptovaluta necessaria per acquisire NFT. Un tributo che ho voluto rendere a un’opera che mi ha sempre protetta con il suo florido e generoso tripudio verde. E a cui ho finalmente regalato l’Aura che merita.

 –Mariagrazia Pontorno

Qui il link all’NFT

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