Il mondo dei filtri di Instagram si espande ogni giorno di più. Da quando la possibilità di realizzarli si è allargata a tutti – basta scaricare un programma specifico – sempre più persone si cimentano nell’impresa, costruendo il proprio effetto personalizzato, da usare nelle stories e mettere a disposizione della comunità. Questa opportunità creativa ha naturalmente coinvolto anche gli artisti, che sfruttano la realtà aumentata per proporre agli utenti di Instagram esperienze sempre differenti. È il caso ad esempio dell’irlandese David O’Reilly, che da anni sperimenta in questo settore progettando delle piccole storie a cui gli utenti possono partecipare “mettendoci la faccia”, ma anche di Ines Alpha, che modifica il volto degli utenti con degli interventi di “3D make up art”. Proposte interessanti in Italia, invece, ci arrivano ad esempio da Kamilia Kard, che ha prodotto una serie di interventi eterei e surreali da sperimentare sul proprio volto, e Martina Menegon, che mette a disposizione la sua stessa fisionomia, trasformata in una maschera virtuale. Non mancano le proposte di musei e gallerie d’arte: il Centro Pecci di Prato ha per esempio rilasciato un filtro in occasione della recente mostra di Ren Hang e la Tate di Londra la scorsa estate ha messo in piedi una collaborazione con l’azienda Spark AR per produrre un’ala “virtuale” del museo, sperimentabile via telefono con filtri in realtà aumentata.
TRA SCULTURA CLASSICA E ARTE MINIMAL
Quello che accomuna gran parte di queste proposte è la centralità accordata al volto umano, che diventa una superficie su cui posizionare elementi eterogenei oppure viene incastonato in ambientazioni create artificialmente. L’ultima proposta dall’Italia ci arriva dai designer torinesi di Studio Nucleo, Marzia Ricci e Piergiorgio Robino. The Boolean Project, questo il titolo del progetto, è un’azione artistica partecipativa che trasforma i selfie degli utenti in una serie di sculture minimaliste. Attraverso l’utilizzo di nove differenti filtri di Instagram, sviluppati in bianco e nero seguendo i criteri della logica booleana – un tipo di algebra in cui le variabili possono essere solo vere o false – vengono prodotte delle componenti scultoree virtuali da sovrapporre ai volti degli utenti oppure a delle sculture vere e proprie. Gli artisti hanno scelto di basarsi, per la creazione di queste applicazioni, sulle proporzioni dei busti classici greci e romani, come si può anche intuire dalle immagini scattate per il lancio del progetto.
INTERAGIRE CON L’ARTE ATTRAVERSO LA REALTÀ AUMENTATA
“L’arte classica nei musei viene normalmente esposta solo per essere vista, in questo progetto invece i visitatori possono interagire con l’arte nello stesso modo in cui fanno quando scattano un selfie e aggiungerle alle storie che raccontano online”, ha commentato Robino, fondatore e direttore di Studio Nucleo, “la realtà aumentata è il tool perfetto per facilitare lo storytelling culturale e fornire un’esperienza personale dell’arte, operando un twist semantico sulla tradizionale relazione visitatore/oggetto”. The Boolean Project, che prosegue una serie di ricerche incentrate sulla logica booleana in corso dal 2017, ha preso per la prima volta questa forma nel contesto del progetto Glass-Nost del Castello di Rivoli, curato da Carolyn Christov-Bakargiev e Gianluigi Ricuperati nel maggio 2020, ed è stato incluso anche nel programma del Borderline Arte Festival che si è svolto alla Pinacoteca di Varallo dal 25 al 27 settembre.
–Valentina Tanni
www.instagram.com/studionucleo_thebooleanproject
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