PDF è il brand italiano di cui tutti parlano: chi c’è dietro l’Italian dream della moda street? 

Il fondatore Domenico Formichetti racconta delle origini di PDF, tra estetica urbana, cultura hip-hop e visione generazionale. A poche ore dalla sua seconda sfilata alla Milano Fashion Week Uomo

Domenico Formichetti è uno dei nomi più in vista della moda italiana. Fashion designer, stylist e founder di più realtà creative, ha saputo costruire un’estetica riconoscibile che fonde streetwear, cultura hip-hop e riferimenti visivi fortemente generazionali, come la cultura giapponese.  

Chi è Domenico Formichetti di PDF 

Nasce a Chieti, in Abruzzo, nel 1993. Poi a Milano frequenta l’Accademia di Belle Arti e la Nuova Accademia di Belle Arti (NABA). La città metropolitana è il posto giusto dove inserirsi, presto entra a far parte della scena artistica milanese e della community musicale emergente. Lavora come stylist per artisti della scena rap italiana, da Sfera Ebbasta a Ghali, alla Dark Polo Gang. Dopo i primi successi con FOMO e Formy Studio, oggi guida PDF – Project Domenico Formichetti, il brand che ha debuttato alla Milano Fashion Week Uomo con una collezione che celebra lo streetwear autentico, tra nostalgia Anni ’90 e ’00 e gli sport estremi, come il rimando allo snowboarding. Oversize, linee curve e morbide, denim: i suoi capi sono riconoscibilissimi, già in tutto il mondo. Lo abbiamo incontrato, poche ore prima del suo secondo show alla Milano Fashion Week Uomo, dove presenterà la collezione primavera estate 2026, per entrare nel cuore del suo processo creativo e per capire in che direzione sta andando la moda italiana.  

Sfilata autunno inverno 2025 2026 di PDF Astra Marina_BFA.com
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Intervista a Domenico Formichetti di PDF 

Perché la moda? 
Non so se ci sia un vero perché, arrivi ad un punto nella vita in cui devi scegliere una strada e percorrerla al meglio. Non ti nego che molte volte vorrei fare anche altro, vorrei dirigere o recitare in un film, fare il cantautore un po’ alla Tiziano Ferro o avere una band mia. Vorrei tornare a dipingere e fare l’artista a tempo pieno, vorrei aprire un ristorante. Insomma… ne ho di cose in mente, però ad oggi mi sento che voglio diventare una leggenda nell’ambito del design.  

Chi sono stati i tuoi modelli nei primi anni? C’è qualcosa o qualcuno che ha plasmato la tua visione creativa?  
Farei fatica ad identificare una persona, credo di aver sempre guardato di più al contesto. Un ruolo fondamentale lo hanno avuto gli sport estremi, come lo snowboarding, per cui ho una grande passione da sempre, ma anche lo skating e tutto il mondo che ci orbita attorno. Poi, dieci anni fa guardavo un sacco i cantanti americani, più dei brand. Da A$AP Rocky, Young Thug, Lil Uzi Vert. Oggi li ammiro ancora e li continuo a guardare, ma come sono cambiato io, sono cambiati loro. In generale sono più affascinato dalle categorie che dal singolo. 

Come definiresti la tua visione creativa? 
Sembra banale ma direi le mie origini, il mio vissuto. Le mie radici sono fatte di sport estremi, graffiti, manga, videogiochi e film. Avrò probabilmente visto dodicimila film.  

E i tuoi registi preferiti? 
Ho una lista, ma te ne dico tre: Jodorowsky, Greenaway e Tarantino. 

PDF ha un legame molto forte con la cultura hip-hop. Dagli artisti che ti supportano, a quelli che ti indossano. E anche tu, specie nella tua carriera da stylist, hai fatto parte di questo mondo. Quanto conta la musica nel tuo processo creativo? 
Tantissimo. Dagli artisti in persona alla musica che fanno, mi sento veramente tanto legato. Ho trascorso gli ultimi dieci anni della mia vita dentro gli studi di registrazione, a parlare, a conoscere persone del mondo musicale. Ho tantissimi amici e la musica continua a fare parte del mio processo creativo, come della mia vita. È veramente fondamentale.  

Si può dire che ci sia uno scambio? 
Assolutamente sì. E mi auguro che rimarrà una costante. Spero che non cambi in futuro perché sento una bella sinergia tra me e la musica. Ti confido però che vorrei anche aprirmi un po’ di più al mondo cinematografico. Non so bene in che forma, ma mi piacerebbe lavorare con il cinema, magari regia, costumi, fare una cosa parallela al brand.  

Che ruolo ha avuto la città di Milano? 
Milano chiaramente è stata fondamentale per la mia crescita, per tutto. Ma me ne andrei domani (ride). Ad oggi non la vedo più come una componente essenziale. Ma è innegabile, senza Milano non stavo qui oggi. 

Domenico FormichettiCourtesy of PDF
Domenico FormichettiCourtesy of PDF

E dopo Milano cosa viene? Quali sono le tappe di un designer nella tua visione del successo? 
Milano, Londra, New York. 

FOMO, Formy Studio e infine PDF: ogni tuo progetto ha una propria e forte identità. Come nascono queste idee e come si evolvono? E tu sei cambiato? 
Si tratta proprio di fasi diverse della mia vita. Sono cambiato io, e di conseguenza i miei progetti. Tra Formy Studio e PDF, che ho fondato nel 2023, sono passati sette anni, si è senza dubbio evoluto il mio approccio al prodotto.  

Mentre, cosa non è cambiato di Domenico Formichetti? 
Credo che in me non sia cambiato il mio approccio alla vita. L’unica parte che di me stesso continua ad evolversi è quella creativa. 

Tre parole per descrivere il tuo brand? 
Personale, Diabolico, Figo. 

E valgono anche per te? 
Diabolico e Figo sì. Personale se è inteso come unico, anche. 

Verso la fine del tuo primo show alla Milano Fashion Week Uomo, la parete bianca che divideva in due la location è stata oggetto di graffiti, scritte. Tu nasci come writer e oggi porti lo streetwear in passerella: è la strada il filo che tiene tutto unito?  
Direi che è proprio la strada il punto. Come dici tu, tiene tutto unito. La strada l’ho vissuta in passato, da ragazzino, nei campi e nelle strade di Chieti, e la vivo tutti i giorni ora. Quindi sì, è importante. Lo streetwear non è una tendenza passeggera in PDF, fa parte della natura.  

Hai detto più volte quanto ti piaccia “impasticciare le mani”. Quanto pensi che questo approccio sia legato alla cultura del Made in Italy? 
Penso si sia un po’ perso l’artigianato in Italia, i ragazzi di oggi non vogliono fare gli artigiani. Sai io sono cresciuto dipingendo, disegnando, facendo graffiti in mezzo alla strada, in campagna: lo sporco è intrinseco. Se vogliamo allora sì, l’essere italiano, il come sono cresciuto mi ha condizionato. 

Quale è un consiglio che avresti voluto ricevere 18 anni? 
Bella questa. Tanti forse (ride). Sicuramente il primo sarebbe di essere più responsabile, anche a livello economico. Il secondo di fregarsene un po’ di più di quello che pensano gli altri. 

Credi che sia italiana questa tendenza al giudizio?  
Non che io passi troppo tempo in America. Però, penso che in effetti questa tendenza sia meno forte in America. Qui, in Italia, c’è sempre qualcosa da ridire, in tutto. Qualsiasi cosa uno faccia, uno crei. È una mentalità più chiusa, ostile.  

Emma De Gaspari 

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Emma De Gaspari

Emma De Gaspari

Nel 2023 consegue la laurea in Lingue e Letterature Straniere con Curriculum Artistico presso l’Università di Verona. Nel 2023-2024 approfondisce le dinamiche del sistema dell’arte e si specializza in arte contemporanea attraverso il Master in Contemporary Art Markets presso la…

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