Per Pitti Uomo IED indaga l’identità all’ombra del Duomo di Firenze

Come possiamo rappresentare chi siamo attraverso quello che indossiamo? Ed è davvero possibile veicolare le sfaccettature della nostra identità all’esterno? Occupando dieci spazi delle medesime dimensioni, nel cuore di Firenze dodici studenti di IED hanno dato vita a un’installazione corale

Di “enorme profondità creativa” parla l’artista multidisciplinare Michel Comte, commentando i mesi trascorsi in veste di curatore al fianco delle studentesse e degli studenti IED selezionati per l’annuale progetto del polo formativo in occasione di Pitti Uomo (in corso fino al 14 giugno). I dodici fashion designer scelti, provenienti da tutte le sedi del Gruppo IED in Italia, Spagna e Brasile, sotto la guida di Comte hanno infatti dimostrato di saper tracciare e percorrere traiettorie indipendenti e precise, senza lasciarsi intimorire da un tema ramificato, sconfinato e insidioso come quello dell’identità, individuato quest’anno. Non a caso il Direttore IED Firenze, Danilo Venturi, facendo gli onori di casa ha spiegato di trovarsi di fronte a “una generazione capace di dare speranza per il futuro del mondo creativo”.

Arte e moda negli spazi dell’ex Teatro dell’Oriuolo di Firenze

Prova ne sono gli esiti di questo lavoro, confluiti in un’installazione in dieci atti che travalica i confini canonici della moda e dell’interior design, intercettando i linguaggi di performance, video, disegno, musica e fotografia. Ma non solo: nel vortice di iniziative che anima Firenze in questi giorni, il progetto presentato da IED finisce per acquisire una sorta di “respiro urbano”. A circa un mese dalla notizia dell’assegnazione quinquennale a IED dell’ex Teatro dell’Oriuolo, tramite bando, sono proprio i rinati spazi di questa storica sede ad accogliere Identity. Una circostanza che finisce per qualificare il progetto come un’esperienza aperta alla città: un’opportunità per accedere alle pratiche in evoluzione di giovanissimi designer internazionali, ma anche per varcare la soglia di un luogo rimasto inaccessibile da quasi tre decenni. Uno stabile settecentesco, a due passi dall’immutabile cupola brunelleschiana. 

L’installazione Identity degli studenti IED a Firenze

È con A Passo d’Uomo di Eleonora Gentile (IED Torino) che prende avvio il percorso espositivo di Identity. Attraverso filati di seconda mano e porzioni all’uncinetto, l’autrice definisce nello spazio assegnato – delle stesse dimensioni di quello degli altri colleghi coinvolti – un’ambientazione che rivendica la centralità della dimensione tattile. Spazio quindi alla monocromatica capsule collection Etere, disegnata da Giovanni Toniolo (IED Firenze), e al video-outfit Io con cui Sabrina Salem (IED Milano) sposta l’attenzione sul ruolo delle relazioni – degli altri, potremmo dire – nella definizione delle singole identità.

Gli studenti IED a Firenze con il progetto Identity

Oltre il giardino interno dell’ex teatro fiorentino, Identity occupa poi due sale di dimensioni eterogenee. Nella principale, attraverso la scultura multimaterica Venus of Things, Leonardo Fizialetti (IED Roma) riveste con un maxi cappotto una figura antropomorfa, a sua volta sostenuta da una selezione di oggetti: il riferimento, in questo caso, è alle cose che riempiono le nostre vite, talvolta rendendoci dipendenti da loro. Invita a mettere alla prova l’equilibrio individuale, correndo anche il rischio dell’instabilità, l’installazione Piccole cose di Alessia Basilico (Accademia Aldo Galli di Como), leggibile attraverso più livelli interpretativi incluso un richiamo etico, in chiave anticonsumistica. Completano l’itinerario di Identity l’abito e scultura Olympia di Gaizka Albizu (IED Kunsthal Bilbao), l’installazione e capsule collection di abiti uomo Masculinity in Bloom di Ana Montesa Lopez (IED Madrid), la riflessione sulla fragilità umana e sul senso delle ferite proposto da Daniel Barris Sanjaime (IED Barcellona) in Jugar a ser dolent no està tan malament. Quasi fosse dotata di una capacità demiurgica, Anastasia Pandelli (IED Cagliari) ha dato letteralmente l’input vitale ai modelli della sua capsule collection di abiti no gender Metagnize, introducendo in Identity anche la dimensione performativa. Diana Arbex (IED Rio de Janeiro) adotta infine il vocabolo brasiliano Tramóia – che indica inganno, illusione e artificio – per la sua capsule collection in denim. A comporla abiti che, nonostante le apparenze, non sono al loro primo ciclo di vita e che attraverso l’upcycling assumono in mostra la loro nuova identità.

Valentina Silvestrini

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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