La storia delle borse di Dior e Gucci dedicate a Lady Diana 

Negli Anni Novanta Diana indossava (quasi) sempre due borse. Oggi, quegli stessi modelli si adattano alle tendenze contemporanee, mantenendo nel loro nome lo stile inconfondibile della principessa più influente della moda

Sono pochi i personaggi pubblici che riescono a non farsi dimenticare, soprattutto se scomparsi prematuramente. Diana Spencer, principessa del Galles ed ex moglie dell’attuale re d’Inghilterra Carlo III, fa parte di quei pochi eletti che non cadranno mai nel dimenticatoio, forse grazie ad un finale troppo tragico persino per un romanzo. Ancora oggi, dopo l’incidente del 31 agosto 1997 a Parigi, i magazine la ricordano per il suo stile distintivo e gli utenti social imitano i suoi look più famosi in appositi video (specialmente dopo l’uscita della serie tv The Crown e il film Spencer). 

Durante gli Anni Ottanta e Novanta “osare” era sinonimo di “vestire”, ma non per un membro della casa reale più longeva e restrittiva. A Lady D, principessa ribelle per un sistema rigido ma umana agli occhi del popolo, questo non importava; e proprio andando contro l’etichetta ha conquistato l’opinione pubblica e influenzato la moda di ieri, di oggi e di domani, tra stivali camperos abbinati a pantaloni a gamba larga e blazer, jeans a vita alta, abiti fascianti e accessori a lei dedicati. 

Le borse dedicate a Lady Diana

Al tempo tutte le case di moda più rilevanti, e non solo, volevano vestire Diana Spencer perché la consequenziale esposizione mediatica era notevole, basti pensare a milioni di ragazze che cercarono di replicare la sua capigliatura quando venne ufficializzato il matrimonio con Carlo. Ma loro non furono le uniche a farsi convincere dalle scelte stilistiche della principessa, perché ben due marchi del lusso hanno rinominato le borse rese note proprio da lei.

La borsa Lady Dior

Ad incominciare fu Dior, nel 1995, con la borsa Lady Dior. Lanciato l’anno prima col nome di Chouchou, è un modello di modeste dimensioni dotato di manici ad archetto, di una particolare cucitura che riprende la lavorazione Cannage, tipica delle sedie in paglia, e di ciondoli che formano la scritta del marchio, simboleggiando i portafortuna a cui teneva monsieur Christian Dior. In occasione della serata di inaugurazione di una mostra dedicata a Cézanne al Grand Palais di Parigi, il 25 settembre 1995 Diana Spencer indossò per la prima volta quella borsa, regalata da parte della première dame di Francia Bernadette Chirac. È da quel momento che prese il suo nome, ma la scelta di indossarla, e soprattutto la selezione del marchio, non fu casuale. Dopo aver scoperto la relazione del marito, aveva rinunciato ai prodotti della maison di Coco Chanel a causa delle due “c” che ricordavano le iniziali di Carlo e Camilla. O perlomeno così si dice, e infatti non la si è mai vista con indosso un loro capo. La “d” di Dior, invece, ricorda sia la sua iniziale sia quella di Dodi Al-Fayed, l’ultimo amore della principessa.

La borsa Diana di Gucci 

Al contrario, la borsa Diana di Gucci è più recente. Esiste dal 1991, e consiste in una tote in pelle con manico in bamboo, ma è con l’ex direttore creativo Alessandro Michele, ora sostituito da Sabato de Sarno, che ha acquisito il nome della defunta principessa del Galles in ricordo di quando la indossava negli Anni Novanta, anche per andare alle lezioni di pilates. 

L’influenza di Lady Diana nella moda 

Chissà se queste due borse avrebbero raggiunto allo stesso modo il grande pubblico, e se la figura di Lady Diana sia stata indispensabile nel renderle apprezzate da molti. Oggi le due maison si sono cimentate in un processo di attualizzazione dei prodotti in questione, utilizzando colorazioni differenti, aggiungendo elementi, cambiando i materiali e iniziando progetti ambiziosi come Dior Lady Art, che rende la borsa una tela su cui si sbizzarriscono artisti e artiste più disparati. Rimane, però, certa l’eterna influenza di Diana Spencer nella moda, anche dopo 26 anni dalla tragica morte. 

Giulio Solfrizzi 

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Giulio Solfrizzi

Giulio Solfrizzi

Barese trapiantato a Milano, da sempre ammaliato dall’arte del vestire e del sapersi vestire. Successivamente appassionato di arte a tutto tondo, perseguendo il motto “l’arte per l’arte”. Studente, giornalista di moda e costume, ma anche esperto di comunicazione in crescita.

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