Dall’industria del fashion uno sforzo senza precedenti per combattere la pandemia
Come accade in tempo di guerra, le industrie riconvertono le proprie produzioni per supportare la lotta a questo microscopico ma letale nemico. In Italia, in Spagna e in Francia accadono cose inimmaginabili sino a pochissimo tempo fa: profumi e borse – almeno temporaneamente – sono stati messi da parte.
Se non è proprio una guerra gli assomiglia. Esattamente come durante i due conflitti mondiali del secolo scorso, i più potenti conglomerati europei del lusso stanno mettendo le loro catene produttive al servizio dell’emergenza in corso. Con l’enfasi di cui sono capaci da sempre i premier francesi, Emmanuel Macron, nel discorso alla nazione dello scoro 16 marzo, ha dichiarato: “La Francia è in guerra… il nemico è invisibile e richiede la nostra mobilitazione generale”. I maggiori conglomerati del lusso d’oltralpe, con in testa LVMH, Kering, L’Oréal ed Hermès si sono messi all’opera. Le loro strutture produttive hanno cominciato a sfornare prodotti utili a fronteggiare l’emergenza. Meno di 72 ore dopo il discorso di Macron, LVMH aveva prodotto 15 tonnellate di gel igienizzante attraverso tre siti produttivi sino a pochi giorni fa utilizzati per i Parfums Christian Dior, Givenchy e Guerlain. I siti sono ora in grado di produrre 50 tonnellate di gel a settimana messi a disposizione degli ospedali di Parigi. Lo scorso 21 marzo LVMH ha poi annunciato di aver ordinato 40 milioni di maschere da un fornitore cinese che dovrebbe essere in grado di inviare le prime entro la fine di questo mese.
LA RICONVERSIONE INDUSTRIALE IN FRANCIA
Sempre in Francia, Hermès ha chiuso tutte le sue fabbriche ad eccezione dell’unità di Vaudreuil, in Normandia, dedicata alle fragranze: su base volontaria i lavoratori del gruppo sono chiamati anche qui a produrre gel igienizzante. L’Oréal, la più grande azienda di bellezza al mondo, produce ora anche disinfettante per le mani; il suo marchio La Roche-Posay lo fornisce a ospedali e farmacie sparse in tutta Europa. Anche Kering ha reagito prontamente. Gli opifici francesi di Balenciaga e Yves St.Laurent si stanno riconvertendo per produrre mascherine, nel frattempo Kering ne mette a disposizione del servizio sanitario francese tre milioni, acquistate e importate dalla Cina. Gucci che fa parte di questo gruppo, ha programmato di produrre e donare 1,1 milioni di maschere e 55.000 tute mediche agli ospedali italiani.
LA RICONVERSIONE INDUSTRIALE IN ITALIA E NEL RESTO D’EUROPA
In Italia, Prada produrrà 110.000 maschere e 80.000 tute mediche. Il Gruppo Armani ha comunicato il 26 marzo la conversione di tutti i propri stabilimenti italiani per la confezione di camici monouso destinati alla protezione degli operatori sanitari impegnati a fronteggiare il Covid-19. Miroglio Group è stato il primo a riconvertire il suo impianto produttivo di Alba in Piemonte per produrre mascherine. In Spagna si è mosso nella medesima direzione il Gruppo Inditex (Zara), Mango donerà 2 milioni di mascherine. Mentre anche il loro competitor diretto, la svedese H&M, utilizzerà la capacità della sua catena di approvvigionamento per fornire dispositivi di protezione agli ospedali di tutto il mondo. Perché a dire il vero ordine crescete hanno cominciato a muoversi anche marchi di altre nazionalità. Uniqlo (marchio giapponese ma con produzione cinese) ha fatto mettere in produzione 10 milioni di mascherine da inviar in Giappone Usa e Italia. Anche marchio di calzature Usa New Balance oltre ad aver donato 2 milioni di dollari sta riconvertendo le sue unità produttive per la produzione di mascherine. Estée Lauder utilizza il suo impianto di Melville, New York, capace di produrre 10.000 bottiglie di disinfettante per le mani a settimana e ha milioni di dollari. The Gap sta usando la sua catena di approvvigionamento per collegare gli ospedali della California alle società di forniture mediche e sta cercando di convertire la sua produzione i suoi per realizzare maschere e abiti. Ralph Lauren ha donato 10 milioni di dollari a vari fondi e enti di beneficenza Covid-19 e sta usando le sue fabbriche per realizzare 250.000 maschere e 25.000 abiti. Con donazioni dirette in denaro si sono già mossi in molti. Di nuovo Kering, che ha fatto una donazione al Pasteur Institute, una fondazione privata senza scopo di lucro dedicata allo studio di malattie e vaccini. Donazioni sono arrivate agli ospedali italiani da Prada, Giorgio Armani, Versace, Etro e Dolce&Gabbana. In testa a tutti Remo Ruffini, amministratore delegato di Moncler con un sostanzioso versamento di 10 milioni di euro.
– Aldo Premoli
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