La scomparsa dello stilista Emanuel Ungaro. Il ricordo di Clara Tosi Pamphili

A pochi giorni dalla scomparsa del grande stilista, Clara Tosi Pamphili ricorda Ungaro raccontandone l’uomo e l’artista

Il più italiano dei francesi ma anche il più francese degli italiani: Emanuel Matteotti Ungaro era nato nel 1933 ad Aix en Provence da genitori di origini pugliesi fuggiti da un’Italia in mano al fascismo. Figlio di un sarto, Cosimo Ungaro, “un uomo eccezionale che mi ha insegnato il rigore e l’onestà intellettuale”, oltre che il taglio ed il cucito: si dice che Emanuel abbia iniziato a cucire a macchina a 5 anni. Una capacità acquisita come un patrimonio genetico che lo inserisce nei “costruttori” della moda, diversi dai decoratori. Famoso per la sua tecnica delle cuciture invisibili, come per i suoi drappeggi che scivolavano sul corpo grazie a uno studio geometrico del tessuto e alla conoscenza del taglio.

EMANUEL UNGARO A PARIGI

Quando arriva a Parigi nel 1955, Ungaro lavora in una piccola sartoria fino ad approdare nell’atelier di Christobal Balenciaga dove rimarrà sei anni, confermando la sua predisposizione allo stile determinato dal rigore: impara che un couturier è un architetto che progetta, un pittore per il senso del colore, uno scultore che genera forme, ma anche un filosofo per le sue teorie.  Definirà Balenciaga come il suo maestro di un periodo epico, in cui la moda francese assiste al passaggio del testimone tra Christian Dior e Yves Saint-Laurent: Parigi è la capitale assoluta dell’Haute couture davanti agli occhi del mondo, e i couturier sono gli artisti che dettano regole a cui rispondono non solo le clienti ma anche artisti e intellettuali.  Come scrive la grande giornalista Maria Pezzi nel 1958: “…non si possono solo mostrare collezioni graziose e ben fatte che possono soddisfare le clienti private, bisogna puntare su un interesse più vasto…”: sono anni in cui la moda si nutre di arte, di cinema, di ambienti letterari, ed Emanuel Ungaro apre il suo atelier parigino nel 1967 mentre sta per esplodere quella rivoluzione culturale che ha cambiato il mondo.

LA MODA SECONDO UNGARO

Ungaro ha imparato molto dai suoi maestri e ha messo a fuoco, grazie al suo profondo amore per le donne, una sua visione che esalta la sensualità con una costruzione barocca della forma. “Mi piace la definizione di stilista che ama le donne”, spiegava il couturier, “perché non lavoro su un’idea ma sul corpo in movimento, con le sue forme e la sua realtà”. Un mix che ne nasconde un altro, molto più potente, che lo porta ai vertici dell’Olimpo dei couturier: quello fra il made in Italy del saper fare e lo stile francese. Una combinazione unica che genera un fascino straordinario incarnato prima di tutto da lui stesso: un aspetto cinematograficamente bello, una mascolinità alla Lino Ventura, una immagine decisamente lontana da quella fragile e tormentata dei couturier. La storia d’amore, prima di incontrare sua moglie, con l’attrice Anouk Aimee ha contribuito a definirlo così affascinante. Lei, musa e cliente tra altre star internazionali come Claudia Cardinale, Marisa Berenson, Sophie Marceau, Catherine Deneuve, Jackie Kennedy, Lauren Bacall, Caroline di Monaco, Isabelle Adjani, Ira Furstenberg.

L’ITALIA E LA FRANCIA: LE DUE ANIME DI UNGARO

Un uomo serio anche come marito della amatissima moglie e collaboratrice Laura Bernabei e come padre di Cosima; rigoroso con se stesso e con gli altri, determinato e caparbio ma profondamente legato ai suoi affetti. Pare che prima di ogni sfilata volesse polpette al sugo come quelle pugliesi che mangiava da bambino, un rito scaramantico per connotare un mestiere serio con una vena di passione immortale. Quell’amore per le tradizioni gli faceva vivere, negli ultimi anni, come un dramma la scomparsa di sarti, artigiani, ricamatori. Lavora nell’Alta Moda confermandosi negli anni Ottanta tra i grandi nomi della couture francese, produce anche pret-à-porter con il gruppo GFT, il colosso italiano dell’abbigliamento, con cui collabora già dagli anni Settanta. Nel 1996 la Ungaro viene inglobata dal gruppo Ferragamo, con cui rinnova nel 2001 per quattro anni fino al 2004 quando decide di lasciare il mondo della moda, lasciando il posto a diversi stilisti che si avvicendano alla guida del brand. Nel 2012 è di proprietà dell’AEFFE e vede la direzione creativa fino al 2017 di Fausto Puglisi, dopo di lui Marco Colagrossi ma, nella sindrome dell’alternanza frenetica di tutto il mondo dei designer di moda, il brand risente della stessa instabilità. Così anche se Emanuel Ungaro ci ha appena lasciato a 86 anni, prevale sulle pagine che lo ricordano l’immagine della sua moda, di lui che disegnava, ascoltando Rossini, abiti da sera e tailleur capaci di esaltare la potenza della femminilità, con lo stile francese e la passione italiana.

– Clara Tosi Pamphili

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Clara Tosi Pamphili

Clara Tosi Pamphili

Clara Tosi Pamphili si laurea in Architettura a Roma nel 1987 con Giorgio Muratore con una tesi in Storia delle Arti Industriali. Storica della moda e del costume, ha curato mostre italiane e internazionali, cataloghi e pubblicazioni. Ideatrice e curatrice…

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