![#GucciShowtime: la campagna primavera/estate di Gucci guarda al musical americano](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2019/02/GU608_SS19-CAMPAIGN_DPS_MASTER_PR_CROP_300dpi_3.jpg)
I musical americani quelli dove gli attori sono veri quando ballano e cantano ed esprimono la voglia di essere personaggi, i colori, le scenografie più spettacolari di un mondo magico e immortale come quello delle favole: svelato lo scenario della campagna primavera estate 2019 di Gucci.
Un inno agli inizi della “celebrity culture” diretto e fotografato, sotto la direzione artistica dello stesso Alessandro Michele, da Glen Luchford: ispirati da film degli anni ’50 come “Un Americano a Parigi”, “Spettacolo di Varietà”, “Fascino”, “Follie dell’anno”, “Gli uomini preferiscono le bionde” e “Cantando sotto la pioggia”.
LA CAMPAGNA
Si rimanda a quando il technicolor cambia totalmente la visione del cinema che magicamente prende anima e rivoluziona lo stile degli abiti, alle forme che prendono vita e si muovono come se fossero state colpite da raggi di luce rossa, gialla, verde, d’oro e d’argento. Gucci rilegge quel mondo, nuovo rispetto al bianco e nero del dopoguerra, quella voglia di rinascere diversi e gioiosi, felici di poter cantare e ballare per uscire dalla malinconia postbellica. Un invito a superare anche ora le crisi, economiche e storiche, con il coraggio di vestirsi da personaggi con sfarzo e glamour sempre più artistico. La vita viene così rivissuta come spettacolo e messa in scena, allora come oggi: dalle citazioni dei film ai redcarpet, dove le stesse figure surreali esprimono follia vitale e annullano la paura di esistere con strumenti estetici fondamentali.
Gucci ci esorta ad essere coreografi della nostra vita, a cercare un senso per chi ha perso l’orientamento, dicendo che basta continuare a danzare, come diceva Haruki Murakami nel suo bel libro “Dance dance dance”.
RIPENSARE IL MUSICAL
Il Tip Tap, il ballo sincronizzato e altri omaggi, realizzati dai personaggi vestiti Gucci, rievocano un genere cinematografico dove l’abito e il costume di scena perdono ogni definizione e si mischiano come non era mai accaduto prima e come solo Alessandro Michele sa fare oggi.
Uno spettacolo di cui Gucci propone anche gli intervalli dove vediamo la troupe cinematografica e i tecnici in un backstage che ironizza sul mondo dei musical, un’invenzione che genera altri personaggi della campagna che interpretano produttori e agenti. Il tempo si confonde fra quegli anni e il red carpet di oggi, in un frullatore geniale che opera sulla sceneggiatura come sugli outfit: altri protagonisti della campagna appaiono in una serie di video, intervistati sul tappeto rosso giunti all’immaginaria prima del musical Gucci, dove rispondono a domande personali ma commentano anche i loro abiti.
Ultima citazione colta e spettacolare, questa volta in bianco e nero, per un’altra serie di personaggi ritratti in versione cinematografica, con una luce teatrale nello stile delle foto iper-stilizzate create dalle case cinematografiche degli anni 40 per proporre al pubblico le loro star come perfetti modelli a cui ispirarsi. Uno spettacolo messo in scena anche grazie all’art director Christopher Simmonds, l’hair stiling di Paul Hanlon e il make-up artist di Isamaya Ffrench. L’ennesima dimostrazione da parte di Gucci di quanto la moda abbia un senso se portatrice di emozione e di sogni realizzabili.
–Clara Tosi Pamphili
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