A Lisbona la Triennale di architettura ragiona sull’Antropocene

Curata dal duo Territorial Agency (Ann-Sofi Rönnskog e John Palmesino), la VII Triennale Architettura di Lisbona – dal titolo How heavy is a city, è visitabile fino all’8 dicembre 2025, indaga la questione del “peso” delle città, attraverso tre grandi mostre al MAAT – Central Tejo, al Centro Cultural de Belém e al Museu do […]

Curata dal duo Territorial Agency (Ann-Sofi Rönnskog e John Palmesino), la VII Triennale Architettura di Lisbona – dal titolo How heavy is a city, è visitabile fino all’8 dicembre 2025, indaga la questione del “peso” delle città, attraverso tre grandi mostre al MAAT – Central Tejo, al Centro Cultural de Belém e al Museu do Design. Come spiega José Mateus, presidente della Triennale, “nel nostro percorso, costituito da un vasto programma che va ben oltre le singole edizioni della rassegna, ci sforziamo di fornire contributi significativi al dibattito critico sulla disciplina a livello internazionale, dialogando nel contempo con la società locale non specializzata”. La Triennale diventa così un momento di riflessione condivisa su tematiche che oltrepassano la disciplina tecnica per interessare la sfera socio-politica.

Qual è il peso dell’Antropocene sulle città?

In continuità con l’edizione 2022, anche la Triennale 2025 s’interroga sulla sostenibilità e le varie possibilità di promozione di un sistema circolare e olistico. Nella visione dei curatori, le città sono il risultato tangibile dell’avidità che nell’era moderna e contemporanea ha reso l’umanità la forza dominante nel plasmare il pianeta per il proprio profitto, prefigurando la genesi di una nuova era “geologica”: l’Antropocene. E la presenza umana nella sua totalità, secondo i calcoli degli organizzatori, pesa la sbalorditiva cifra di 30 trilioni di tonnellate. Un peso che a sua volta influenza l’ecosistema in maniera significativa. Tante comunità del “Sud del mondo”, dai villaggi di pescatori del Pacifico alle città del delta del Sud-Est asiatico e dell’Africa, dai villaggi indigeni sudamericani ai nomadi dell’Asia centrale, e persino alcune aree periferiche d’Europa, hanno da tempo cominciato un percorso “a ritroso” per lasciare il petrolio nel sottosuolo, aumentare la biosfera, rimodellare le tecnologie e innovare la nostra relazione con le forme di vita. È da queste esperienze, spiegano i curatori, che le città “occidentali” devono imparare ad alleggerire il loro peso sull’ecosistema. In quest’ottica, la Triennale vuole essere l’ennesimo invito ai decisori politici affinché s’impegnino nel rinnovamento dei sistemi urbani, nella creazione di città a basse emissioni di carbonio e socialmente giuste, che possano contribuire ad aumentare la biosfera e, in definitiva, la qualità della vita di chi le abita.

Spectres, installation view at Lisbon Triennale 2025. Photo: Fiat Lux Experience for Lisbon Architecture Triennale
Spectres, installation view at Lisbon Triennale 2025. Photo: Fiat Lux Experience for Lisbon Architecture Triennale

Le mostre da visitare alla Triennale di architettura di Lisbona

Allestire una mostra d’architettura non è mai facile, perché si rischia di restare nell’ambito della specialità di disciplina senza riuscire a catturare l’interesse del pubblico non addetto ai lavori, che in definitiva costituisce la maggioranza dei potenziali visitatori. Nel tentativo di superare questa oggettiva barriera, le tre grandi mostre della Triennale optano quest’anno per un allestimento che privilegia il video alla maquette o alla documentazione fotografica. Una soluzione che ha il privilegio di essere “leggera”, in coerenza con la tematica affrontata, ma soprattutto rende le mostre più immediatamente comprensibili al grande pubblico; nella maggioranza dei casi questa Triennale non riguarda progetti tecnici, ma studi scientifici sul cambiamento climatico, l’innalzamento del livello dei mari, l’importanza dei batteri come forma primaria di vita, i problemi dell’industria estrattiva, eccetera, declinati in modo artistico sottoforma appunto di installazioni video ma anche sonore.

I progetti in mostra alla Triennale Architettura di Lisbona 2025

Correspondences, ongoing (esposto in Spectres presso il Museo del Design), Soundwalk Collective e Patti Smith intrecciano registrazioni provenienti da paesaggi remoti in un’inquietante meditazione sonora sulla possibilità di estinzione della vita umana. O ancora, nella mostra Fluxes al MAAT – Central Tejo, il fotografo di architettura Iwan Baan in Petroleum offre un ritratto crudo delle sabbie bituminose di Athabasca in Canada, una ricognizione aerea dell’estrazione dove il paesaggio diventa al tempo stesso risorsa e rovina. Le immagini rivelano il paradosso del progresso: immensi giacimenti industriali che alimentano le economie globali, esaurendo al contempo la capacità di rigenerazione del pianeta. Di particolare interesse per il punto di vista che offre, anche il progetto The Thermodynamic Garden di Pablo Pérez-Ramos, parte della mostra Lighter, al Centro Cultural de Belém: qui l’entropia diventa un principio progettuale. Invece di resistere al decadimento, il progetto abbraccia la trasformazione come forma di bellezza, suggerendo che l’architettura possa lavorare con, piuttosto che contro, i processi naturali. E quindi, il ruolo dell’umanità viene ridimensionato in rapporto alla grandezza del sistema naturale nel suo complesso. Le tre mostre sono quindi prevalentemente immersive, ma in grado di comunicare questioni importanti, alle quali l’architettura può contribuire a porre rimedio. Al centro dell’attenzione, principalmente i problemi del “Sud del mondo”, troppo spesso ignorato o cancellato dall’agenda globale.

È tempo di alleggerire le città: cosa possono fare i cittadini

Più che una rassegna sulla disciplina in sé, la Triennale 2025 riepiloga le ragioni per le quali è necessario “alleggerire” le città e di conseguenza il nostro stile di vita in generale; il concetto di alleggerimento implica quelli di riduzione e rinuncia, e rende necessario un ripensamento totale della scala dei valori “occidentali”. Dato che sono stati in larga parte disattesi gli impegni delle grandi conferenze per la tutela dell’ecosistema, da quella di Rio de Janeiro del 1992 a quella di Parigi del 2024, è auspicabile la nascita di movimenti d’opinione dal basso: per questo la Triennale di Ann-Sofi Rönnskog e John Palmesino parla principalmente al cittadino medio, a colui che non è esperto di architettura ma vive quotidianamente la realtà con i suoi problemi, compresi quelli legati al peggioramento della qualità della vita nelle città. Una Triennale che, se ben percepita dal visitatore medio, potrebbe appunto contribuire a creare o a rafforzare quei movimenti d’opinione dal basso che in tanti campi, a cominciare dai diritti civili negli USA, in passato hanno mitigato o risolto gravi problematiche sociali.

A Lisbona premiata l’architetta pakistana a Yasmeen Lari

L’architettura deve cambiare se vuole rimanere rilevante. Il nostro lavoro non è solo per i ricchi; le comunità povere di tutto il mondo hanno bisogno di un buon design, perché ha un valore ancora maggiore per loro. Ecco perché vedo il mio lavoro come un modo per ricostruire vite: creare ‘scale per uscire dalla povertà rinunciando al controllo del processo attraverso la co-costruzione e la co-creazione. Lo facciamo condividendo la conoscenza e mobilitando i villaggi, un villaggio alla volta”. Questa la filosofia di Yasmeen Lari, la prima donna architetto del Pakistan e fondatrice della Heritage Foundation of Pakistan, dedicata alla conservazione e alla promozione dell’architettura locale, sostenibile e vernacolare. A lei la commissione della Triennale ha deciso di conferire il Millennium Achievement Award, il più prestigioso dei premi che assegna, per aver saputo coniugare architettura e umanesimo. Infatti dal 2005, sulla scia del compianto architetto indiano Balkrishna Doshi, Lari si dedica a quella che considera “un’azione umanitaria e umanistica dal basso”, ridefinendo la funzione dell’architettura moderna, in particolare nelle regioni gravemente colpite da problemi socioeconomici e climatici. Un esempio? Seguendo la sua filosofia dei “quattro zeri” (zero emissioni di carbonio, zero rifiuti, zero donazioni e zero povertà), Lari ha promesso di contribuire alla costruzione di oltre un milione di case in risposta alle devastanti inondazioni che hanno colpito il Pakistan nel 2022; un obbiettivo da conseguire in maniera indipendente, senza far ricorso alla filantropia o altri aiuti finanziari esterni, in modo da mantenere la piena indipendenza di manovra.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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