A Madrid il Museo Reina Sofìa investe sul cinema: una nuova sala per una programmazione multidisciplinare
La trasformazione del vecchio auditorium nell’Edificio Sabatini è stata affidata allo studio BACH, che ha realizzato una sala dalle atmosfere surrealiste grazie all’uso sapiente di forme geometriche e colore. Obiettivo: valorizzare uno dei linguaggi creativi più rappresentativi della contemporaneità
Un cinema dentro al museo. Non una novità nel panorama internazionale – anche l’Italia vanta format centrati come il Cinema Godard in Fondazione Prada a Milano, il cinema del Centro Pecci di Prato e quelli del Palazzo delle Esposizioni e del MACRO a Roma, per non parlare guardando all’estero dell’ICA di Londra – ma sempre una notizia ben accolta se l’investimento per la realizzazione di un nuovo spazio dedicato alle produzioni audiovisive rivela il concreto impegno di un’importante istituzione museale per la valorizzazione della settima arte.
Il nuovo cinema del Museo Reina Sofìa di Madrid
Succede a Madrid, dove il Museo Reina Sofìa ha scelto di trasformare il suo vecchio auditorium in un cinema tanto moderno negli accorgimenti tecnologici quanto esteticamente caratterizzato nelle forme, affidando il progetto di ripensamento degli spazi allo studio di architettura BACH.
Poco prima che il museo inaugurasse (nel 1992) all’interno dei rinnovati ambienti dell’antico ospedale di Madrid – edificio settecentesco progettato da José de Hermosilla e Francisco Sabatini – Jaume Bach e Gabriel Mora erano stati incaricati di realizzare un auditorium per accogliere eventi e conferenze. Era il 1987. Negli anni, il complesso ha ampliato le sue funzioni museali e le sue esigenze – il Reina Sofìa è il secondo museo più visitato di Spagna, dopo il Prado – e aperto due nuove aree adibite ad auditorium; questo ha permesso di mettere mano alla sala degli Anni Ottanta situata nell’Edificio Sabatini, e la scelta è caduta naturalmente sull’architetto – oggi 82enne – che già aveva seguito il progetto, qui al lavoro con suo figlio Eugeni e Anna Bach.
La sala di Madrid progettata dallo studio BACH
Il nuovo cinema, inaugurato lo scorso aprile e in piena operatività dall’inizio dell’autunno, ha quindi preservato gli elementi della sala preesistente, come lo scenografico elemento triangolare sospeso installato sopra il vecchio palco per il riverbero del suono, oggi rimasto a sormontare lo schermo, ma con funzione diversa (come pannello acustico che nasconde gli altoparlanti). La volta che corona l’ambiente, stretto e lungo, è invece eredità dell’edificio settecentesco, e ora avvolge gli spettatori con l’intensità di un blu notte – come un cielo notturno – utilizzato a contrasto con il rosso delle poltrone e di altri dettagli architettonici. Lo studio del colore e dell’illuminazione, del resto, è stato parte essenziale della trasformazione: le vecchie finestre dell’ospedale sono state chiuse con pannelli di legno con motivi intagliati che evocano le gocce di pioggia, per schermare la luce esterna e creare il buio in sala, senza però cedere all’idea di un cinema anonimo, come se ne trovano tanti. Puntando, quindi, a una drammatizzazione dello spazio, sul modello – dichiarato – di due cinema d’essai particolarmente noti: lo Skandia di Stoccolma di Erik Gunnar Asplund (1923) e il Cine Doré di Madrid, inaugurato nel 1912.
Il cinema tra i linguaggi del contemporaneo. La programmazione al Reina Sofìa
Il cinema del Reina Sofià ospita ora 144 sedute, di cui è stata ripensata l’inclinazione per migliorare la visibilità degli spettatori, che accedono in sala attraverso una hall altrettanto scenografica: una “scatola” rosso carminio con pavimento in marmo bianco, con ingresso principale a serliana chiuso da un tendaggio in velluto rosso. Per accompagnare un percorso che, nelle intenzioni degli architetti, vuole richiamare le atmosfere cinematografiche di grandi autori “surrealisti”, da Luis Buñuel a David Lynch, da Pedro Almodóvar ad Aki Kaurismäki.Due anni fa, Manuel Segade, assumendo la direzione del museo – con incarico di durata quinquennale e la possibilità di iniziare effettivamente a indirizzare la programmazione di mostre temporanee proprio a partire dalla fine del 2025 – esplicitava tra le linee guida del suo mandato la volontà di promuovere proposte multidisciplinari per attrarre un pubblico quanto più eterogeneo possibile. “Un museo è polifonico: deve generare un ecosistema e non un’egemonia”, spiegava. E grande importanza, in questo progetto, avrebbero rivestito le arti performative, la musica, il cinema. La sala appena inaugurata sarà uno strumento in più per dare seguito al proposito: sotto la supervisione di Chema González, direttrice del Dipartimento di Cinema e Nuovi Media del Museo, le produzioni audiovisive saranno valorizzate in quanto linguaggio chiave della modernità, offrendo una programmazione complementare alle altre attività del museo.
Livia Montagnoli
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