A Possagno una mostra in omaggio al grande Carlo Scarpa
La Gypsotheca di Possagno rende onore al celebre architetto italiano, con un progetto che esplora il suo rapporto con la Biennale di Venezia e l’impatto che questa ha avuto sul suo pensiero

Ogni mostra, per avere un senso, deve presupporre una domanda significativa che è insieme storiografica, estetica e umana. “Che cosa ha rappresentato, nella formazione di Carlo Scarpa, il confronto con le arti e con il sistema espositivo della Biennale di Venezia? E, di riflesso, come possiamo oggi restituire il senso di un’esperienza così complessa e feconda?” Questo è quanto si chiede nel suo intervento in catalogo Moira Mascotto, direttrice del Museo Gypsotheca di Possagno che ospita una grande esposizione in omaggio all’architetto italiano.
Le ragioni della mostra
Riassumendo il perché della mostra risponde che si è voluto dare vita ad “una molteplicità di legami davvero speciali suggerendo la “geografia culturale” dei riferimenti impiegati dall’architetto all’interno della sua ricerca”. Ciò che i curatori hanno cercato di mettere in atto, articolando il percorso in tre sezioni allo scopo di consentire una lettura a più livelli della figura di Scarpa: come architetto-artista, creatore in vetro, osservatore delle arti in grado di progettare lo spazio espositivo. Tutte le opere presentate in mostra appartengono alla collezione di Luciano Gemin. Le sue scelte in ambito scultoreo e pittorico privilegiano due fattori: il primo è l’attrazione per le forme classiche dell’arte plastica. Il secondo è la netta inclinazione verso l’astrazione lirica.
La mostra Carlo Scarpa alla Gypsotheca di Possagno
La prima sezione
Nella prima sezione, Gli artisti, il focus riguarda un gruppo di opere che grazie alla mediazione della Biennale hanno esercitato un ruolo di primo piano nell’attività di Scarpa. Sezione che comprende, fra l’altro, le opere dedicate ad Arturo Martini, uno dei massimi scultori del secolo scorso. Con il suo San Sebastiano che declassa la sofferenza del martirio preferendo la plastica sensualità del modellato. Ancora le sculture di Alberto Vianiche con il suo Nudo (Idolo) che spinge l’arte plastica verso forme liriche non iconiche. Tendenza alla sintesi estrema si respira nella configurazione del paesaggio di Giorgio Morandi reso con pochi segni di matita. Ci sono poi le prove di due Maestri dell’astrazione come Paul Klee e Osvaldo Licini. Il suo Angelo ribelle, appare e scompare tra le forme organiche e liquide del Novecento. Personaggio nato dalla sua immaginazione nella cosiddetta fase figurativo-fantastica. Angelo ribelle è anche quello di Tancredi, interprete dell’Espressionismo astratto italiano negli anni Cinquanta e Sessanta, vicino allo Spazialismo e rappresentante del Tachisme nel nostro paese. Le opere a tema del ritratto, comprendono l’ Autoritratto ad acquerello di Filippo de Pisis con “il suo tocco virgolato, quasi scenografico” e lo Studio per ritratto di Gustav Klimt, un profilo femminile che rimanda ancora al secessionismo fin de siècle.
La seconda sezione
La seconda sezione racconta, attraverso una ventina di vetri, l’esperienza vissuta da Carlo Scarpa a Murano. Inizialmente con la vetreria M.V.M. Cappellin (1926-31) e quindi con la ditta di Paolo Venini (1932-47). Alla Cappellin, Scarpa si confronta con maestranze specializzate in grado di creare oggetti ecnicamente perfetti. Avvicinandosi a questo repertorio, progetta nuovi modelli che si notano soprattutto per la spiccata geometrizzazione delle forme e il ricorrere del piede troncoconico. Occupandosi nel 1927 della sistemazione della vetreria Cappellin a Firenze, per il quale aveva studiato anche una vetrata policroma a due battenti, si confronta con le arti figurative. Sia documentandosi, sia dedicandosi in prima persona alla pittura, sia frequentando le Biennali veneziane. Indicativa è a riguardo anche la vetrata presentata alla IV Triennale di Monza dove il soggetto, un nudo stilizzato (quasi un manichino) rimanda all’immaginario della pittura metafisica su cui l’architetto andava riflettendo in quel periodo. Ci sono ancora vetri che si distinguono per i motivi figurativi o astratti ispirati alle avanguardie artistiche europee, da Braque e Picasso a Klee e Mondrian.
La terza sezione
La terza sezione si sofferma sul rapporto tra l’architetto e la Biennale presentando disegni autografi, finora inediti, che testimoniano l’impegno progettuale da lui compiuto nel 1968 per allargare gli spazi espositivi del Padiglione Italia.
Mentre percorre le sale della XXXVI Biennale del 1972, l’ultima che lo vede coinvolto in qualità di “collocatore”, Carlo Scarpa si chiede “che rapporti ci possono essere tra fare l’allestimento di un’esposizione di questo tipo e l’allestimento di musei di cui mi sono occupato anche in passato? Prima di tutto c’è una differenza enorme: nei musei gli autori sono tutti morti. E qui abbiamo a che fare con i viventi!”. In virtù di una attenta analisi preliminare del linguaggio dell’artista e delle opere da esporre, l’architetto può cogliere e quindi svelare al pubblico, attraverso l’allestimento, il messaggio storico-artistico che veicolano. Questa convivenza con gli autori transitati per la Biennale era iniziata nel 1932, quando il giovane architetto aveva presentato al pubblico della XVIII edizione il mosaico “a fresco” Il bagno, realizzato con l’amico pittore Mario Deluigi, soggetto ossessivamente esplorato da Edgar Degas.
Negli allestimenti che elabora a partire dal 1948, oltre alla lezione di Klee, con i suoi caratteri luministici e cromatici, Scarpa incrementa il suo carnet di modelli esplorando le ricerche artistiche che progressivamente si affermano, Spazialismo, Arte Povera, Pop Art, Arte Cinetica, come nel caso della scultura Crescita. Formata da due piramidi metalliche, su base comune a rombo, con le facce che rispettano una scalettatura a cubetti rivestita di foglia d’oro. Uno dei due vertici delle piramidi è poi collegato a un supporto rotante che regge la scultura lievemente inclinata: quando è in movimento, questo leggero fuori asse ne incrementa l’effetto pulsante, fatto di contrazioni e dilatazioni, formali e luminose.
Fausto Politino
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