La nuova associazione che aiuta Milano ad essere urbanisticamente adatta alle donne
Creare degli spazi di vita davvero accessibili e vivibili, in diretta collaborazione con l'amministrazione comunale: è la missione di 'Sex & the City', creata dalle giovani architette Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro
“Costruire una città che va bene per le donne significa costruire una città che va bene per tutti”: con queste premesse è nata, nel 2022, l’associazione di promozione sociale Sex & the City, creata dalle architette under40 Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro per aprire un dialogo con le istituzioni e permettere una “rifondazione” dell’urbanistica con una prospettiva sistemica di genere. Tramite ricerca, progetti e incontri pubblici, l’associazione va a creare un modello inclusivo e realistico di vivibilità, mutuando le proprie istanze – e i propri dati sulla (ampiamente migliorabile) situazione attuale – dall’esperienza del Milan Gender Atlas, l’Atlante di genere di Milano scritto dalle stesse fondatrici su commissione del Milano Urban Center e pubblicato lo scorso anno dopo una lunga ricerca sulla vita, domestica e pubblica, delle donne.
UNA PRIMA RIVOLUZIONE DI GENERE NELL’URBANISTICA
“Il libro ha avuto molto riscontro in Italia e all’estero, e ha sollevato una serie di questioni da cui si stanno avviando alcuni, fruttuosi processi”, racconta ad Artribune Azzurra Muzzonigro. “Su Milano abbiamo realizzato, a partire dall’Atlante e su input dell’assessora ai Servizi Civici Gaia Romani, delle “caminate esplorative” dette Her walks. Questo strumento va a intercettare la voce delle donne attraverso delle camminate in tarda sera: il primo esperimento l’abbiamo fatto a Niguarda, dove insieme all’amministratrice e a un gruppo di donne residenti del quartiere abbiamo fatto un percorso da loro indicato come “problematico”, per tutta una serie di questioni su mobilità, sicurezza e servizi mancanti. Ora stiamo redigendo il report del percorso, che sarà presentato al pubblico alla Cittadella degli Archivi il prossimo mese e che genererà un feedback istituzionale su quello che si può fare per affrontare i problemi emersi”. Un procedimento che sarà poi ripetuto in tutti i municipi. L’ambizione è quella di rendere questa attitudine sempre più parte integrante della visione generale dell’amministrazione, sulla scia di altre città virtuose d’Europa. “Sono più di trent’anni che Vienna integra una prospettiva di genere in maniera strutturale nell’amministrazione. Molto avanzata anche la situazione a Barcellona, che dall’elezione di Ada Colau ha implementato con forza il tema nell’agenza pubblica: tutti i provvedimenti dei diversi assessorati devono passare questo vaglio. Noi siamo un po’ indietro: ancora mancano una consapevolezza e una regia comune di queste azioni, spesso ci limitiamo ad azioni simboliche”.
I FRONTI DI INTERVENTO DI SEX & THE CITY
L’impatto dell’Atlante non si è però limitato a un (cruciale) dialogo con il Comune di Milano: “Tantissime cose si sono mosse, anche molto inaspettate: siamo state chiamate dalla Cgil per realizzare uno studio sulla conciliazione dei tempi di vita e lavoro delle iscritte e degli iscritti al sindacato. È stato molto interessante vedere come un mondo storicamente lontano dalle questioni di genere, come quello sindacale, abbia percepito come necessaria la comprensione dei bisogni delle donne lavoratrici per migliorare le negoziazioni: il lavoratore non è più un ‘soggetto universale’ astratto, ma è sessuato e ha incombenze specifiche, come quelle di cura”. Il riconoscimento di determinati ruoli cementati nel genere, e le conseguenti responsabilità, è peraltro il fondamento della profonda convinzione delle fondatrici di Sex & the City che “costruire una città che va bene per le donne significa costruire una città che va bene per tutti. Se non adoperiamo delle lenti di genere, gli spazi pubblici diventano di default maschili. Oggi sappiamo che non c’è solo il soggetto maschile, abile, etero e benestante attorno a cui tutto viene costruito. È necessario chiedersi cosa fanno le donne, le ragazze, i soggetti non autonomi: intercettare le donne significa arrivare a un target di soggetti molto vasto, perché sono loro che si occupano di bambini, anziani, persone disabili”, spiega Muzzonigro.
Per cambiare questa prospettiva, spiega l’architetta, “abbiamo realizzato diversi corsi per l’Ordine degli Architetti e per le Scuole di Architettura per bambini, e ora cureremo una sezione della mostra in Triennale sullo spazio domestico, visto da una prospettiva di genere. Stiamo anche realizzando un progetto con Fondazione Cariplo, insieme a Transform Transport, all’Università Federico II di Napoli e all’associazione Walk21 (i creatori dell’app W-her), per costruire delle mappature digitali da fornire all’amministrazione di Milano sulla camminabilità della città, e che ne indichino tutte le diverse criticità”. Un modello tutto volto alla creazione di policy ad hoc: per questo, secondo Muzzonigro, “si differenza dai vecchi modelli di “mappe per donne” in forma di app, dove si finivano per inquadrare pochi percorsi sicuri e demonizzare le aree percepite come pericolose, rendendole così anche più insicure. Un po’ come la storia dei vagoni rosa: la protezione rischia di diventare una gabbia. Deve cambiare la cultura, e le strade sicure le fanno le donne: sono i loro corpi che dobbiamo portare nelle strade”.
Giulia Giaume
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati