L’architettura guarda a Est. La mostra alla Fondazione Cini di Venezia

Inaugura sull’Isola di San Giorgio Maggiore “Est”, la mostra a cura di Luca Molinari Studio che racconta il lavoro di illustri architetti italiani nei Balcani e in Oriente. Fra materiali contemporanei e documenti d’archivio.

Una cartografia dell’architettura italiana all’estero. O per meglio dire prodotta con l’estero, nata dall’incontro fra un Oriente, prossimo o distante, che da sempre affascina e ispira il mondo occidentale, e architetti capaci di instaurare un autentico dialogo con il contesto nel quale sono chiamati a operare. Andando oltre la celebrazione dell’italico ingegno, che risulterebbe forse un po’ trita e stucchevole, e la “denuncia” del maggior apprezzamento di cui godono le menti nostrane all’estero rispetto a quanto accade in patria (che suonerebbe altrettanto trito e forse anche un po’ retorico), la mostra sottolinea – come rilevato da Renata Codello, Segretario Generale della Fondazione – “il ruolo plurisecolare di diplomazia culturale svolto dall’architettura”.

GLI STUDI DI ARCHITETTURA IN MOSTRA

La mostra racconta i progetti in Russia, Cina, Vietnam, Albania e Georgia – quasi tutti conclusi – di sei fra i più importanti studi italiani: RPBW – Renzo Piano Building Workshop, AMDL CIRCLE – Michele De Lucchi, Studio Fuksas, Archea Associati, Piuarch e M CA – Mario Cucinella Architects. Nello spazio espositivo si traccia così una cartografia fra Paesi e città, che assume anche una profondità temporale grazie al dialogo con i materiali storici provenienti dall’archivio della Fondazione Cini. Incisioni, stampe, mappe e volumi che testimoniano i viaggi e il lavoro di connazionali illustri oltre confine. Fra questi i progetti di Giacomo Quarenghi, uno dei più importanti architetti italiani, attivo fra Sette e Ottocento alla corte di Caterina II. In mostra anche alcuni meravigliosi scatti di Tiziano Terzani, provenienti dall’omonimo Fondo: preziose testimonianze raccolte fra il 1980 e il 1984 che documentano la Cina all’indomani della Rivoluzione Culturale.

Renzo Piano Building Workshop GES 2, Mosca, Russia, 2015 in progress. View from the forest, render ® RPBW

Renzo Piano Building Workshop GES 2, Mosca, Russia, 2015 in progress. View from the forest, render ® RPBW

LE PAROLE DEL CURATORE LUCA MOLINARI

Come è avvenuta la scelta dei progetti da raccontare in mostra?
Si tratta di sei studi importantissimi, il cui lavoro è riconosciuto e apprezzato a livello internazionale. Ce ne sono molti altri che hanno realizzato all’estero progetti straordinari dal punto di vista dell’innovazione ma legati all’interior design. A noi interessava indagare la capacità degli architetti italiani di mettersi in ascolto, di intercettare le esigenze delle comunità oltre confine, di comprenderne i valori e la cultura. E abbiamo dunque scelto progetti con una vocazione fortemente collettiva, di committenza sia pubblica che privata.

Qualche esempio?
Penso a GES-2, una ex centrale elettrica nel cuore di Mosca riqualificata attraverso un intervento di Renzo Piano Building Workshop, che diventerà un centro culturale, di produzione e divulgazione artistica. O al Ponte della Pace di Michele De Lucchi a Tbilisi, ormai diventato un simbolo della città. O infine anche al progetto del Terminal 3 di Studio Fuksas per l’aeroporto internazionale di Shenzhen, in Cina, la più estesa fra le costruzioni pubbliche della città.

PiuArch, Quattro Corti, San Pietroburgo, Russia, 2006 10 ® Andrea Martiradonna

PiuArch, Quattro Corti, San Pietroburgo, Russia, 2006 10 ® Andrea Martiradonna

ARCHITETTURA ALL’ESTERO

Quanto si riesce ed è auspicabile uscire dai paradigmi occidentali nella pratica di progettazione all’estero?
Penso che il ruolo dell’architetto, soprattutto all’estero, sia quello di creare interferenze, di generare dei cortocircuiti fra il contesto in cui arriva e il bagaglio di conoscenze, strumenti e valori di cui è portatore e al quale dunque non deve abdicare totalmente. Sicuramente alla base di questo incontro deve esserci un atteggiamento di reale apertura, di ascolto, di attenzione per il contesto e chi lo abita. Solo in questo modo la progettazione oltre confine può diventare un atto creativo straordinario, che coniuga consapevolezza a sperimentazione. L’architetto diventa così sempre più un mediatore, un produttore di visioni che trascendono tanto le culture con cui entra in contatto quanto, di fatto, la propria.

E per quanto riguarda la presentazione di tali progetti in una mostra?
Anche nel creare la mostra l’impulso a uscire da ciò che è noto è stato il medesimo. Abbiamo pensato a un’esposizione che non fosse solo per gli addetti ai lavori ma che diventasse accessibile a tutti attraverso i modelli, che da sempre rendono l’architettura più comprensibile perché le danno dimensione nello spazio. A questo abbiamo aggiunto anche una profondità temporale, data dal dialogo fra i materiali attuali e i documenti d’archivio. Un viaggio spazio-temporale nella storia e nel valore dell’architettura pur rimanendo fermi.

EST è anche una piattaforma online interattiva. Può dirci qualcosa in più?
La piattaforma, come la mostra, è suddivisa per aree geografiche. Diventa dunque una sorta di atlante digitale in cui sono raccolti sia i materiali esposti, sia tutto ciò che non è stato possibile includere in queste sale. Da un lato consente a chi non può viaggiare a causa della pandemia di visitare l’esposizione comodamente da casa, dall’altro offre ulteriori spunti di riflessione. La piattaforma verrà inoltre arricchita con dei contenuti inediti, come dialoghi con gli architetti e contributi critici, andando così ad ampliare e approfondire i temi del progetto.

Irene Bagnara

www.estexhibition.com

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Irene Bagnara

Irene Bagnara

Nata a Bassano del Grappa, è laureata in Filosofia a Padova con una tesi sul caso degli indiscernibili in arte fra Kant e Arthur Danto e in magistrale a Torino con una dissertazione di filosofia analitica sulla definizione ontologica ed…

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