
Non è passato inosservato l’articolo di Artribune che ha portato alla luce le scelte dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (IPZS) circa l’edificio dell’antica Zecca di Roma (la prima dell’Italia unita) che doveva diventare un importante polo culturale e invece alla chetichella è stato declassato ad un palazzo per uffici.
Sebbene la cosa si sapesse da tempo, come testimoniano anche delle prese d’atto ufficiali del Comune di Roma risalenti alla scorsa primavera, nessuno aveva pensato ancora a raccontare il cambiamento delle decisioni dell’Istituto. Dopo l’articolo di Artribune però qualcosa si è mosso, non solo l’attenzione a ruota di altri media come il Corriere della Sera (ovviamente senza citare), ma anche a livello politico c’è stato l’interessamento dell’onorevole Paolo Ciani che non ha tardato a inviare una interrogazione parlamentare a risposta scritta al Ministro del Tesoro Giorgetti (responsabile del Poligrafico).

L’interrogazione parlamentare sulla ex Zecca di Roma
Il deputato chiede al ministro leghista come mai il progetto abbia così radicalmente cambiato natura perdendo tutto il valore culturale e pubblico. Chiede chiarimenti su un’iniziativa che era stata gestita con un bando internazionale e che invece è divenuta tutt’altro. E sottolinea come alla ex Zecca sarebbe dovuto nascere un polo votato a valorizzare l’enorme patrimonio valoriale e culturale dell’ente a cui l’ente ha deciso d’un tratto di rinunciare.
“Il progetto di riqualificazione aveva un’impostazione culturale e funzionale a restituire al Rione Esquilino un bene storico attraverso l’inserimento di spazi museali, della Scuola della Medaglia, di una biblioteca, di ambienti per la formazione e l’accoglienza, la ristorazione e l’organizzazione di eventi culturali“, scrive Ciani, “tuttavia la variante elimina quasi tutto“.

Le ragioni dell’Istituto Poligrafico sull’abbandono del progetto culturale
Sarà interessante leggere come risponderà il ministro del Tesoro, ma già possiamo anticipare alcune delle motivazioni che sono emerse in queste ore e che serpeggiano tra i corridoi di Via Salaria nella sede dell’Istituto Poligrafico, sebbene nessuno abbia voglia su questo tema di rispondere ad interviste dirette. Secondo il sentiment dell’istituto, il progetto pensato ai tempi in cui era amministratore delegato dell’IPZS Paolo Aielli risultava troppo oneroso al punto da rappresentare un rischio di richiamo a livello di Corte dei Conti. Metter su una grande sede museale, ragionano dall’Istituto, non è né nella mission operativa né tantomeno nello statuto dell’azienda. Ma questo sarebbe stato superabile se il progetto almeno non fosse stato in perdita. E invece il business plan ipotizzato parlava nella migliore delle ipotesi di 3 milioni di perdita annua che potevano facilmente arrivare a 5. Per tacere dei costi fissi di realizzazione, molto aumentati dopo la nota fase di rincari dei materiali dell’edilizia.

I motivi che hanno suggerito l’abbandono del progetto
Lo scenario aziendale poi si sarebbe parecchio modificato: prima del Covid l’azienda poteva contare su tante attività, anche in regime di monopolio e dunque ad alta marginalità, che poi sono venute meno nel tempo e questo ha preoccupato i vertici suggerendo risparmi dove possibile, incluse le iniziative culturali. Sta di fatto tuttavia che guardando i numeri ufficiali l’IPZS ha continuato a macinare risultati di fatturato e di utili e forse un investimento in cultura poteva essere ben compatibile con una azienda che inanella record economici come è stato negli ultimi anni. E invece ha prevalso un atteggiamento molto corretto dal punto di vista amministrativo e gestionale, ma molto poco visionario dal punto di vista valoriale e prospettico. In parte ha pesato poi la decisione – non del tutto gradita all’IPZS – da parte di Banca d’Italia di realizzare il suo Museo della Moneta, considerato dall’Istituto parzialmente in sovrapposizione con quello che sarebbe stato il contenuto della Ex Zecca. Insomma nelle stanze del Poligrafico nessun rimpianto: “Abbiamo fatto bene a procedere così, abbiamo ottimizzato gli spazi, non abbiamo sciupato risorse economiche pubbliche e abbiamo trovato una scrivania potendo risparmiare da altri affitti. Fare musei non è il nostro mestiere“. Amen. E queste, grossomodo, saranno le risposte che Paolo Ciani potrebbe ricevere alla sua interrogazione parlamentare.

Un quartiere orfano di un grande polo culturale
Intanto a Roma il Rione Esquilino si lecca le ferite godendosi un piccolo successo, questa volta totalmente privato, avvenuto qualche mese fa: al posto di un ex storico centro commerciale, i magazzini MAS, nel cuore del Rione è sbocciata infatti l’Accademia Costume & Moda. Dopo un semestre dall’apertura i benefici sono evidenti: sicurezza, rigenerazione diffusa, miglioramento della percezione generale e il primo arrivo di nuove attività commerciali di qualità a servizio degli studenti, dei visitatori e del quartiere. “Se una piccola accademia del fashion ha avuto questi effetti, figuratevi cosa poteva succedere se fosse stato completato il progetto enorme alla Zecca”, sussurra sconsolato un residente…
Massimiliano Tonelli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati