Marche dopo il terremoto del 2016. A che punto siamo?

Si è appena concluso nelle Marche un importante progetto di “restituzione culturale” alle rispettive comunità di alcuni luoghi simboli del terremoto del 2016. È il progetto europeo Ophera

Il progetto europeo Ophera punta a restituire ai cittadini i luoghi simbolo di un territorio sconquassato dal terremoto nel 2016. La parola d’ordine è “condividere la rinascita”. Ne abbiamo parlato con i referenti del Segretariato del Ministero della Cultura, Maurizio Bilò e Sara Trotta.

Come e quando è nato il progetto Ophera?
Ophera nasce da un’idea del collega Giovanni Issini che, tramite il Segretariato regionale del Ministero della Cultura per le Marche, ha saputo coinvolgere quattro realtà universitarie europee (Università di Ferrara, Università di Minho, Università di Cipro, Università di Lubiana) e nel 2019 il progetto viene selezionato e co-finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma Creative Europe – Small scale cooperation project 2018.

Dopo il bando europeo come vi siete mossi?
È stato selezionato un team di operatori culturali di varie provenienze e differenti esperienze professionali che, dopo essersi confrontati e incontrati in tre workshop europei, hanno proposto le loro idee in occasione degli eventi conclusivi di Cantieri Aperti, momenti in cui il pubblico (cittadini, turisti, amministratori locali, studenti, associazioni culturali…) è tornato a  “riappropriarsi” di quei monumenti, luoghi simbolo del territorio, oggetto di intervento di restauro e da tempo preclusi alla fruizione.

Quali sono le finalità del progetto?
Il progetto è nato con l’intento di valorizzare, in quanto espressione culturale, il processo di restauro dei beni colpiti dal sisma del 2016, evento che ha fortemente danneggiato il ricco patrimonio storico-artistico, archeologico e architettonico delle Marche. Il cuore del progetto Ophera poggia sulla consapevolezza che il restauro di questo patrimonio potrà permettere quanto prima la sua fruizione da parte dei cittadini e soprattutto delle future generazioni. L’idea è quella di rendere accessibile già da ora parte del patrimonio culturale danneggiato, facendo conoscere al pubblico più vasto le fasi di restauro con l’uso di metodi e strumenti interattivi tradizionali e avanzati. Le attività e gli eventi proposti hanno permesso così di far conoscere la situazione del patrimonio culturale danneggiato, capire cosa sta succedendo all’interno dei cantieri, quando il patrimonio sarà nuovamente accessibile e come sarà restituito alle comunità al termine dei lavori.

Che impatto ha avuto la pandemia su tutto questo?
La pandemia ha improvvisamente interrotto la programmazione prevista ed è stato necessario riorganizzare l’intero sviluppo progettuale e proseguire trasferendo, per quanto possibile, tutti momenti di incontro, formazione e condivisione su piattaforme online. È stata tuttavia anche l’occasione per ri-pensare a nuove e diverse attività di coinvolgimento a distanza, come Ophera talks, brevi contributi video tramite cui i membri del team europeo hanno potuto raccontare se stessi e le loro esperienze professionali nel campo del restauro dei beni culturali.

Cantieri Aperti, veduta dell'interno della chiesa, complesso di Sant'Agostino, Pieve Torina (MC)

Cantieri Aperti, veduta dell’interno della chiesa, complesso di Sant’Agostino, Pieve Torina (MC)

Come sono state ideate le attività di Cantieri Aperti e come hanno interagito i partner stranieri con le realtà locali?
Grazie all’apporto delle idee del team europeo, formatosi nei tre workshop a Limassol (Cipro), Guimarães (Portogallo) e Camerino (Italia), nel cuore del cratere sismico, si è aperta a giugno 2022 la fase di Cantieri Aperti con la realizzazione di momenti culturali direttamente nei siti selezionati con laboratori e visite guidate in cui i protagonisti del restauro hanno illustrato al pubblico quello che si è compiuto e ciò che resta da portare a termine. È stata anche una occasione per far conoscere e aprire all’Europa il contesto non solo culturale ma soprattutto sociale del territorio marchigiano. Tramite la mediazione di una istituzione pubblica quale il Segretariato regionale del Ministero della Cultura per le Marche e tutte le realtà partenariali universitarie coinvolte, è stato possibile far dialogare, cosa non così scontata, le realtà amministrative e associative locali con il contesto sovranazionale, non solo nell’ottica di un processo di conoscenza degli interventi di restauro ma, anche e soprattutto, nell’impegno a un recupero del valore identitario dei luoghi colpiti dal sisma.

Qual è stata la risposta del pubblico partecipante?
Seppur per un breve periodo, la gente, spinta dai più diversificati interessi, ha ripreso coscienza dei luoghi “persi” con il sisma. L’intento era proprio quello di far comprendere che, dietro una apparente staticità e immobilità generale, qualcosa si sta muovendo e che un futuro prossimo è possibile. Tra le tante sfide da raccogliere c’è anche e soprattutto quella di saper coinvolgere sempre più il pubblico nei processi di recupero del patrimonio culturale e identitario, specie in occasioni tragiche e improvvise come quelle emergenziali dettate da eventi naturali avversi. Il processo di restauro non permette solo il recupero delle strutture, bensì di tutto ciò che quei monumenti rappresentano per un territorio e per la gente che ci vive. Le loro vite, i ricordi, le speranze e la loro identità storica.

Il progetto potrà essere ulteriormente finanziato? Sono previsti interventi sui siti e i territori interessati?
La riproposizione del progetto in ambito europeo sarebbe possibile, ma partendo dai risultati di Ophera e puntando a una sua evoluzione. Ophera non nasce come un evento o una serie di eventi fini a se stessi, ma ha voluto contribuire a gettare le basi per un diverso approccio nel rapporto tra processo di restauro dei beni culturali e pubblico. Pertanto, se da un punto di vista strettamente progettuale esiste un inizio e un termine, rimane inevitabilmente un segno indelebile che resta sul territorio e a servizio delle realtà locali (amministrazioni, associazioni culturali, professionisti) e tramite cui far crescere e proporre nuove esperienze future. Questa considerazione nasce soprattutto dall’esperienza diretta fatta sul territorio, nelle fasi di attuazione di Cantieri Aperti che hanno interessato le comunità di Pieve Torina, Visso e Monte San Martino per le province di Macerata, e Castel di Luco – Acquasanta Terme (AP) e Palazzo Saladini nel centro di Ascoli Piceno. Ogni sito ha coinvolto in maniera diversa e varia il pubblico: dall’emozione forte  dei cittadini di riaccedere alla zona rossa di Visso, passando per il racconto degli anziani sui luoghi della loro infanzia a Pieve Torina, dal recupero delle memorie dei luoghi da parte dei ragazzi delle scuole elementari e medie di Monte San Martino, alla forza di rinascita delle associazioni locali e del proprietario di Castel di Luco, per arrivare infine  allo stupore di fronte ai soffitti affrescati, sconosciuti ai più, di Palazzo Saladini ad Ascoli.

– Annalisa Trasatti

https://ophera.beniculturali.it/

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Annalisa Trasatti

Annalisa Trasatti

Sono laureata in Beni culturali con indirizzo storico artistico presso l'Università di Macerata con una tesi sul Panorama della didattica museale marchigiana. Scrivo di educazione museale e didattica dell'arte dal 2002. Dopo numerose esperienze di tirocinio presso i principali dipartimenti…

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