Intervista a Michele Sambin, pioniere del video loop

La tecnologia ha sempre rivestito un ruolo chiave nella produzione artistica di Michele Sambin, fin dagli Anni Settanta. Ora le sue opere sono in mostra al Museo Castromediano di Lecce e ne abbiamo parlato con lui

Michele Sambin (Padova, 1951), precursore della tecnica del video loop e innovatore del panorama artistico contemporaneo, è protagonista di Arché/Techné, la mostra al Museo Castromediano di Lecce, che ha come fulcro tematico Il tempo consuma, la performance germinale del 1978 che l’autore padovano realizzò alla Galleria Cavallino di Venezia. Abbiamo intervistato l’artista e il curatore Bruno Di Marino.

Come si articola il percorso espositivo di Arché/Techné?
Bruno Marino: La mostra ruota intorno all’installazione Il tempo consuma rielaborata per l’occasione e acquisita dal Castro Mediano grazie al bando Italian Council, non a caso posizionata nello spazio spiralico del museo, come dispositivo centrifugo che genera altre opere collegate, ad esempio i 12 fotomonitor. Lo spettatore è poi libero di perdersi nel labirintico spazio, passando dai quadri calamitati ai blue works fino alla tele della S. Lucia (la produzione pittorica) giungendo alle Light strips o a oihccepS, che rappresentano il versante “cinetico” dell’immaginario di Sambin.

La concezione circolare del tempo, caratterizzato da continui ritorni e trasformazioni ‒ da lei assimilato alla forma di spirale ‒, è alla base della sua performance Il tempo consuma e del sistema video loop, di cui lei è pioniere.  Può chiarire il suo concetto di tempo?
Michele Sambin: Nel 1978 la creazione del dispositivo tecnico/poetico video loop ha modificato radicalmente il mio modo di pensare l’arte, la vita, il tempo. Ho sostituito l’abituale convenzione di un tempo lineare, che dal passato procede verso il futuro, con l’idea di tempo circolare in continua trasformazione. Un’immagine può chiarire l’idea: il video Il tempo consuma è come un sasso che nel ’78 cade sulla superficie liquida della mia arte/vita. Il tonfo produce anelli che progressivamente si allargano in tutte le direzioni. Non c’è prima non c’è dopo, tutto è ora. Così la mia ricerca evolve in avanti ma anche rimettendo in vita opere del passato e facendole vivere in un continuo presente. La natura, noi esseri umani, viviamo di cicli, loop in continua trasformazione. Basta pensare alla circolazione del sangue, al respiro…

Michele Sambin

Michele Sambin

ARTE E NEW MEDIA SECONDO SAMBIN

In cosa consiste la sua rivoluzione artistica?
Michele Sambin: È il desiderio/bisogno di costruire un linguaggio unitario immagine-suono che mi ha portato a utilizzare i diversi media, cinema, video, teatro.  Allargare i confini degli ambiti, metterli in contatto per creare un’arte totale che non privilegia un singolo mezzo ma li fa convivere democraticamente all’interno di un unico linguaggio, questa è stata la mia rivoluzione nell’arte. Il teatro, poi, attraverso la composizione sincronica dei vari elementi, tempo spazio corpo luce, mi ha dato la sintesi che cercavo. Il mio è un teatro che non racconta ma compone, come fa la musica, la mia grande passione.

Com’è avvenuto, nel suo percorso, il passaggio dal linguaggio video, da lei definito come “strumento per comunicare idee più che finalizzato a esprimere bellezza”, a quello del teatro, sfociato nella sua trentennale esperienza del Tam?
Michele Sambin: Il video nei primi Anni Settanta era un mezzo povero rispetto al cinema, una specie di quaderno di appunti utile a fissare idee. Poi ne ho progressivamente scoperto le specificità e l’ho utilizzato per la sua qualità fondamentale: il tempo reale. Nelle mie performance l’ho usato come strumento musicale della visione, come dispositivo capace di estendere le possibilità del performer, di giocare con il tempo. E così è nata l’idea di video loop, una affascinante macchina del tempo che si svela davanti agli occhi degli spettatori e così ho scoperto che lo scambio di energia tra esseri viventi era la cosa che più mi interessava. E passare al teatro è stato un attimo.

Qual è la sua opinione sul ruolo dei new media nell’arte contemporanea?
Michele Sambin: Le possibilità che la tecnologia attuale mette a disposizione della creatività degli artisti sono illimitate. Il problema è che spesso queste possibilità non vengono utilizzate, ci si limita alla superficie. Quando si ha tutto a disposizione, è come non avere nulla. È solo dandosi dei limiti e scavando all’ interno di questi che la creatività produce idee. Io amo una “tecnologia fatta a mano”: mezzi semplici, programmi basici sviscerati nelle loro possibilità estreme. Le idee nascono facendo.

Cecilia Pavone

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Cecilia Pavone

Cecilia Pavone

Cecilia Pavone, storica e critica d’arte, curatrice indipendente, giornalista professionista, è nata a Taranto ed è laureata in Filosofia all’Università degli Studi di Bari. La sua ricerca verte sulla fenomenologia artistica contemporanea e sulla filosofia dell’arte. Scrive su riviste specializzate…

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